BONTEMPI, Giuseppe

Nato a Massa il 14 marzo 1913

Quale figlio unico maschio, ero stato esonerato dal servizio militare di leva: nel 1935, a seguito delle operazioni di guerra con l’Abissinia fui chiamato alle armi e presentai domanda di ammissione al Corpo Allievi Ufficiali di Complemento. Fui assegnato al Genio Militare ed invitato a presentarmi alla scuola del 3° Reggimento Genio con sede a Pavia dove mi presentai il 1° giugno 1936.

Il corso durò cinque lunghi mesi e il 01/11/36 fui inviato in licenza in attesa di nomina ad Aspirante.

Avendo la facoltà di chiedere di fare il servizio di prima nomina e di scegliere il periodo, chiesi di prestarlo dal 01/09/37 al 31/10/37 e lo prestai presso il 7° Reggimento Genio in Firenze.

All’inizio della 2a guerra mondiale nel settembre del 1939 fui richiamato al deposito del 7° genio in Firenze e mi presentai il giorno 09/09/39 e inquadrato nel 204° misto Genio in partenza per la Cirenaica. La partenza per Napoli era stabilita per il mattino del 12/09/39 e fui autorizzato a recarmi a casa a salutare moglie e parenti, rientrando per l’ora di partenza. Rientrai all’ora stabilita e mi presentai al mio comandante ed ebbi la sorpresa che ero stato sostituito da un collega (sottotenente D’Anna) dato che ero il solo sposato mentre lui era scapolo.

La sostituzione ebbe scarso effetto perché dopo alcuni giorni furono richiesti dei complementi per il Battaglione, già a Derna, e il 30/09/39 con il capitano Trevisonno, il sottotenente Pestelli ed un gruppo di una cinquantina di Genieri, ci imbarcammo a Napoli sul Piroscafo Lombardia e dopo una piccola sosta nel porto di Tobruk, fummo sbarcati a Derna il giorno 05/10/39.

Il mio Battaglione 204° misto genio era assegnato alla Divisione Camicie Nere “3 gennaio” del 30° Corpo d’Armata.

Il mio reparto fu trasferito al villaggio del Gebel Cirenaico “Luigi di Savoia” ma rimasi a Derna al Comando del Corpo d’Armata quale addetto ai magazzini materiali del genio (al Lentisco).

Ho passato il S. Natale a Derna ma ho avuto poi una licenza illimitata e il 29 dicembre mi sono imbarcato a Bengasi e, sbarcato a Siracusa il 30/12/39, ho avuto la possibilità di iniziare il 1940 a casa in famiglia.

Sono stato nuovamente richiamato e il 17/06/40 mi sono presentato al deposito del 7à genio in divisa coloniale convinto di dover tornare in Cirenaica. Mi dissero invece che il mio posto era stato già occupato e fui assegnato alla 20° compagnia teleradio della divisione Friuli dove sono rimasto fina al 15/06/1945.

Ho avuto una certa fortuna a non tornare al 204° BTG. Genio perché il 3° Corpo d’Armata e tutto il 204° genio furono presi prigionieri a Sidi el Barani a dicembre 1940 e portati in India da dove tornarono in patria dopo il 1945. Ho avuto occasione di rivedere qualcuno dei miei colleghi e il ex Comandante col. Trevisonno ed il Ten. D’Anna che mi hanno dato notizie della loro prigionia durata oltre 5 anni.
Dopo il 25/06/40 la Divisione Fruli si trasferisce a Carmagnola ma non entro in linea a seguito dell’armistizio (con la Francia del 24) dopo un paio di mesi si sposta nel Veneto, con sede a Motebelluna e la mia 20° fu accantonata a Biadene ai margini del leggendario Montello nei pressi del Piave e del Monte Grappa.

Nelle nostre passeggiate di di allenamento ed esercitazioni visitammo varie vecchie trincee e postazioni che richiamarono alla nostra memoria fatti e sacrifici dei nostri genitori.

A dicembre del 1940, i Comandi ritennero inutile la nostra permanenza nel Veneto e disposero il nostro rientro al Deposito a Firenze e nel febbraio 1941 fummo trasferiti a Livorno e la mia Compagnia ad Antignano.

Ad aprile si verificò l’esigenza Jugoslavia e la Friuli ebbe l’ordine di movimento per il suo intervento. Ci caricarono nelle solite tradotte a Livorno e “dopo un giorno di strada ferrata ed un altro di lungo cammino siamo arrivati sul monte Nevoso e a ciel sereno sulla neve ci han fatto riposar” come dice la vecchia canzone.

Eravamo al confine con la Jugoslavia e al mattino vedemmo una ridente vallata con un paesino da Presepeca di prati erbosi. Passammo il confine alle pendici del Monte Nevoso e il giorno di Pasqua, senza combattere arrivammo a Delnice ove sostammo per la giornata senza avere notizie o tracce di militari iugoslavi.

La piccola valle era piena di prati erbosi e al margine opposto da dove eravamo arrivati, il terreno risaliva dolcemente e nel quale erano ben visibili fasce di reticolati rugginosi, larghi da 15 a 20 metri a salienti e rientranti, battuti dal probabile tiro di mitragliatrici appostate nelle torrette che apparivano nei cespugli.
Era facile pensare che molti dei nostri sarebbero caduti tra quei reticolati e, chi aveva fiducia nel Buon Dio, lo ringraziò di non dover assistere allo spettacolo di vedere morti e feriti.

Le nostre pattuglie accertarono che dei militari Jugoslavi non c’erano tracce e che le postazioni erano sguarnite perciò il giorno dopo proseguimmo la marcia senza combattimenti, scendendo nella valle del fiume Kupa che seguimmo per sette giorni fini a raggiungere la ferrovia Fiume – Belgrado e la relativa strada principale.

Con la stipulazione dell’armistizio (18 aprile) non era più necessario proseguire e la Divisione ebbe l’ordine di rientrare a Postumia e da li alla nostra sede di Livorno.

Rientrati ad Antignano nel maggio 1941 vi restammo fino a ottobre 1942 impegnati in estenuanti esercitazioni di imbarco e sbarco nella spiaggia di Tirrenia o nelle scogliere di Calafuria corrispondenti alle caratteristiche delle coste dell’isola di malta dove l’ammiraglio TOURS contava di farci sbarcare non appena possibile.

Gli organici dei reparti furono rinforzati con l’aumento del 50% in previsione delle perdite che avrebbero subito nelle operazioni di sbarco e questo fatto aumentò le nostre preoccupazioni.

Lo sbarco degli Americani in Marocco dell’ottobre 1942 modificò i piani dello Stato Maggiore e la sera dell’11 novembre 42 mi imbarcai a Livorno con un contingente dlla mia compagnia e altri reparti della Divisione e nella giornata del 12 sbarcammo a bastia senza difficoltà ne combattimenti.

La Divisione fu schierata in funzione antisbarco nella zona Nord – Ovest dell’isola con il Comando a Belgodere ed i reparti dislocati tra Saint Florente – Ile Rousse e Calvi. La mia compagnia fu sistemata nel paesini di Speloncato e li la raggiunsi alla fine del 1942 e con i miei colleghi aspettammo il 1943.

La 20° teleradio era allora comandata dal Tenente i.g.s. Iacomino Pascquale in S.P.E. e dopo la mia promozione a Capitano non potevo restare in Compagnia in sottordine per cui il Comandante del genio Divisionale Magg. Ugo De Silva dispose il mio trasferimento al Comando Genio con le funzioni di Vice Comandante ove rimasi fino al mio invio in congedo il 15/06/1945.

Avevo ripreso il comando delle Compagnia in Sardegna, dove eravamo sbarcati nel novembre 1943 e dislocati a Padria, e lo tenni fino a giugno 1994 cedendolo poi al capitano Grassi del S.P.E. proveniente dal Deposito di Trani. Tornai al Comando Genio del Gruppo di Combattimento in via di costituzione e collaborai con il nuovo Comandante maggiore Tanzanella Antonio sostituito a dicembre dal Ten. Col. Del Prete che lasciai a giugno del 1945.

Nel periodo di permanenza in Corsica, dal novembre 1942 all’8 settembre 1943 svolsi le normali funzioni di coordinatore degli apprestamenti difensivi, predisponendo interruzioni stradali e delle istallazioni di campi minati a difesa.

Nel Periodo dal 12/09/43 al 04/10/43 ho assolto alcuni incarichi, a volte anche molto rischiosi, che sono descritti nelle pagine seguenti.

Maggiore del Genio di complemento BONTEMPI GIUSEPPE già Capitano Vice Comandante del Genio Divisione “FRIULI” nel periodo settembre 1943 – ottobre 1943 in CORSICA

Ero sbarcato in Corsica, a Bastia il 12 novembre 1942 senza combattimenti e la Divisione era stata acquartierata nella zona ovest dell’isola con il Comando a Belgodere, sede anche del Comando Genio, dove ero stato assegnato dopo la mia promozione a Capitano dal 01/01/1943.

1942 Corsica

1942 Corsica

La divisione era stata dislocata in funzione antisbarco alleato ed erano stati predisposti punti di difesa a ridosso della costa tra Calvi – Ile Rouse e San Fiorenzo.

Nella Divisione erano inquadrati alcuni reparti della M.V.S.N. che, dopo il 25 luglio 1943 furono inquadrati nell’esercito.

La sera dell’ 8 settembre 1943 i Tedeschi si erano impadroniti della piazza di Bastia e il giorno 9, i nostri Bersaglieri dislocati nelle vicinanze della città ripresero il controllo della piazza e presero diversi prigionieri tedeschi.

Dal 9 al 12 settembre erano successi vari altri scontri tra elementi e piccoli gruppi isolati delle due parti con diversi morti e feriti.

Intanto le truppe tedesche della Sardegna, sbarcate a Bonifacio, si avvicinavano a Bastia collegandosi con le altre truppe tedesche già sistemate nella Piana tra Bastia e Borgo e il Comando del VII° C.A. dispose l’interruzione del ponte sul Fiume Golo a Casamozza per impedire o almeno ritardare il passaggio dei tedeschi provenienti dalla Sardegna.

Il ponte sul Fiume Golo a Casamozza era stato predisposto per essere fatto saltare (come tutti i ponti stradali della zona Nord dell’Isola secondo gli ordini in precedenza da me avuti) e presso il ponte di Casamozza era dislocato un plotone di genieri al comando del Ten. Blasi col compito di caricare i fornelli con l’esplosivo già preparato sul posto in apposito deposito.

L’ordine di brillamento delle interruzioni, doveva essere dato per iscritto e il giorno 12/09/1943 alle ore 13 mi fu consegnato dal Generale Cotronei, Comandante della Divisione cono l’ordine di recapitarlo con la massima urgenza.

Partii subito con una autovettura insieme al Magg. Ugo De Silva, guidata dal cap. Magg. Bruno Mochi. Ci avviammo verso Casamozza passando da Ponte Leccia e Ponte Nuovo.

La strada Ponte Nuovo – Casamozza costeggia la riva sinistra del Fiume Golo e lungo la strada raggiungemmo un autocarro tedesco, che procedeva nella nostra stessa direzione, con il cassone scoperto ed un mitragliere sistemato sul tetto della cabina di guida. Suonammo ripetutamente per chiedere strada per il sorpasso e, dato che le suonate non avevano dato alcun esito, mi alzai in piedi sulla macchina e con ampi gesti delle braccia invitai il mitragliere, che nel frattempo si era voltato con aria poco rassicurante, a segnalare all’autista dell’autocarro di spostarsi sulla destra per lasciarmi lo spazio per il sorpasso che mi concessero senza protestare.

Proseguimmo lungo la strada e poco prima di Casamozza. Trovai sulla strada un reparto dell’87° fanteria da poco arrivato e in fase di sistemazione a protezione dell’abitato e del caposaldo.

Riferii dell’autocarro tedesco che mi seguiva e delle necessità di neutralizzarlo e non fargli raggiungere l’abitato ove erano già elementi tedeschi che avevano superato il ponte che dovevo far distruggere.

Messa al campo

Messa al campo

Sostai a circa 200 metri dall’incrocio stradale e fatto sistemare la mia auto presso un casolare scesi verso il ponte attraverso un basso vigneto mentre già sopra la mia testa sentivo il fischiare dei proiettili dal caposaldo verso i tedeschi che si stavano ammassando sul costone lungo la riva destra e consegnai l’ordine al tenente Blasi e insieme disponemmo per l’immediata carica dei fornelli da mina e gli allacciamenti per far saltare le tre arcate del ponte in muratura.

Completate le cariche

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il tenente Blasi accese la miccia e ripiegammo verso la strada, da dove ero venuto, e dopo pochi metri, circa 50, udimmo un’esplosione e vidi le arcate del ponte sul greto del fiume.

Nel frattempo i tedeschi si erano appostati sul costone in riva destra e da li mitragliavano sia il vigneto, che avevo prima attraversato, che la strada prima dell’abitato di Casamozza.

Raggiunsi il casolare dove avevo lasciato la mia macchina ma, mentre mi trovavo sul lato opposto, udii una violenta scarica di mitra diretta alla mia macchina che si incendiò e non fu possibile riutilizzarla.

Il maggiore De Silva, mio comandante, fu da me ritrovato a breve distanza ma non trovai l’autista che fortunatamente si era allontanato dalla macchina quando i tedeschi cominciarono a sparare. Lo ritrovai il giorno dopo al mio comando che raggiunsi la sera stessa del 12/09/1943 con una moto abbandonata sulla strada e con la quale riportai al comando anche il mio comandante.

Per l’azione sopradescritta fui proposto per una medaglia d’argento al V.M. sul campo e mi fu invece concessa una medaglia di bronzo al V.M. sul campo.

Il caposaldo di Casamozza, presidiato da un gruppo del 35° Artiglieria con i pezzi in dotazione, residuati della guerra 1915-18, comandato dal T.col. Teo non ebbe alcuna possibilità di reggere ai tiri dei cannoni da “88” tedeschi e in poche ore fu neutralizzato per cui i tedeschi poterono raggiungere la strada a monte del ponte distrutto sia utilizzando un ponte di ferrovia esistente più a valle che passando il Fiume Golo verso il litorale dato che in quella stagione il fiume era quasi secco e si poteva facilmente guadare.

Con l’arrivo delle truppe corazzate dalla Sardegna i tedeschi avevano una preponderante forza di mezzi e rioccuparono facilmente Bastia e il Colle del Teghime cercando anche di addentrarsi nell’interno dell’isola tenuto dal Comando dell’VII° Corpo d’Armata che, in tale previsione, dispose la difesa della valle del Fiume Golo prima dell’abitato di Ponte Nuovo a difesa di Ponte Leccia e nella zona Nord a valle del Colle del Teghime lungo la strada che da San Fiorenzo prosegue verso Ile Rousse e Calvi lungo la costa ovest dell’isola.

Dopo l’abitato di San Fiorenzo, la strada attraversava un torrente con acqua profonda oltre 3 metri, a mezzo di un ponte di ferro ad unica luce di circa 30 metri, dal Comando di divisione ci fu ordinato di farlo saltare. Così il giorno 16 con un autocarro carico di qli. 4 di tritolo ed i detonatori relativi con una squadra di genieri percorrevo la strada che portava al ponte interessato quando l’autocarro fu avvistato da un aereo tedesco e preso di mira con la mitragliatrice.

La strada, in zona di montagna, era con molte curve e l’aereo era costretto ad ampi giri per ritornare sopra di noi; ad ogni arrivo, che vedevamo in tempo, fermavamo l’autocarro e scendevamo precipitosamente entrando nel bosco ai lati della strada. Dopo ogni passaggio tornavamo a bordo e proseguivamo. Cinque volte passò sopra l’autocarro e la quinta volta riuscì a colpirlo e incendiarlo e l’esplosivo saltò in aria distruggendo l’autocarro e costringendoci a rientrare a piedi fortunatamente illesi.

Qualche giorno dopo feci una ricognizione nella zona e vidi che il ponte era stato distrutto dai tedeschi che prevedevano il nostro ritorno per la riconquista del Teghime e di Bastia, come è poi avvenuto.

Il Comando dell’VII° Corpo d’Armata, dopo lo sbarco in Corsica dei Btg. Marocchini ad Aiaccio, chiese di ripristinare il ponte distrutto e il 24 settembre il Capitano Athos Areni, comandante della 52° Comp. Artieri con due autocarri di materiale preparato a Ile Russe con due plotoni di genieri comandati dai tenenti Beccari e Crucianelli si portava sul posto per dare inizio alla ricostruzione del ponte.

Purtroppo i tedeschi videro dal Teghime il movimento dei mezzi lungo la strada e iniziarono un violento cannoneggiamento durante il quale furono feriti a morte il Cap. Areni e 4 suoi genieri e ferito in modo leggero il tenente Beccari ed altri 6 genieri.

Raggiunsi la zona dopo pochi minuti dalla sparatoria e vidi il povero Cap. Artieri e gli altri genieri morti e feriti e mi interessai per il recupero delle salme e il trasporto in ospedale dei feriti. Poi riunii gli ufficiali e i genieri che si erano sparsi e li riportai alla base.

1943. Rientro dalla Sardegna

1943. Rientro dalla Sardegna

Dopo una successiva ricognizione a monte del ponte distrutto, seguendo una pista che aggirava la collina a tergo del ponte, defilata dall’osservatorio del Colle del Teghime accertai che il torrente, con pochissima acqua era facilmente guadabile e lungo quella pista avviammo i primi reparti delle truppe Francesi (Marocchini) ed i pezzi del gruppo del 35° artiglieria che prese posizione ai margini dell’abitato di San Fiorenzo per appoggiare col suo fuoco l’azione delle truppe verso il Teghime e da li su Bastia.

Ai piedi del Colle del Teghime, prima del bivio per il Capo Corso, un altro ponte in muratura era stato distrutto dai tedeschi e nell’alveo del torrente, per evitare l’aggiramento, erano state poste delle mine anticarro “Teller” da me ben conosciute. Fortunatamente le mine erano quasi tutte scoperte ed in vista dato che nella pioggia della notte era stata asportata la sabbia con cui erano state coperte per mascherarle. Non avevo i miei genieri specializzati per disinnescarle e toglierle evitando le solite trappole tedesche che consistevano nell’ancorare le mine a mine antiuomo sottostanti a strappo che, con il loro scoppio provocavano quello delle mine anticarro e di quelle vicine.

Riuscii a neutralizzare tutto il campo di mine togliendo i detonatori a tutte le mine così in quelle condizioni non potevano più esplodere. Percorrendo il campo minato raccogliemmo insieme ad un altro ufficiale sopraggiunto circa 80 detonatori nei nostri elmetti rovesciati allontanandoli con le maggiori precauzioni possibili..

Disposi per l’approntamento di due rampe per scendere e risalire dall’alveo dopo l’interruzione e il giorno dopo 26 settembre ebbi gli elogi del Generale Francese che guidava i suoi reparti verso la strada del Colle del Teghime.

Dopo l’interruzione la strada si biforcava in due rami di cui uno proseguiva verso il Teghime ed un altro dirigeva verso il Capo Corso. In queste due strade i tedeschi avevano disposto altre interruzioni stradali ed ebbi l’ordine di provvedere al loro ripristino almeno in via provvisoria.

Il giorno 27 settembre mi recai nuovamente nella zona con due plotoni su due autocarri di cui uno di miei genieri della 52° comp. Artieri ed uno di fanti dell’87° Rgt. Fanteria al comando del Tennete Piccinini mio concittadino.

Durante i lavori di ripristino delle interruzioni fummo ripetutamente mitragliati da aerei tedeschi che centrarono l’autocarro del Ten. Piccinini dislocato a breve distanza dall’interruzione, incendiandolo e distruggendolo.

Con l’autocarro che mi era rimasto recuperai i fanti del Tenente Piccinini per riportarli alla nostra base.

Il giorno 3 ottobre ero nuovamente in zona in ricognizione e mi avventurai lungo la strada costiera del capo Corso con una vettura e tre genieri per adempiere all’ordine ricevuto di accertare la transitabilità della strada. Non trovai tracce dei tedeschi che avevano, anche se da poco, lasciata la zona e raggiunsi il paese di Marina di Luri. Nella piazza del paese trovai la popolazione e le autorità schierate in attesa di truppe francesi e furono assai meravigliate a veder arrivare noi “Italiani”. Ci dissero che i tedeschi avevano lasciato la zona da poco e ci fecero grandi feste offrendoci dolci e vino.

Attraversammo il paese e non trovammo alcuna interruzione fino a S. Severa ed Erbalunga a circa 300 metri dalla periferia di Bastia. Dopo il paese di Erbalunga vidi un ponticello con cariche di proiettili di artiglieria predisposto per farlo saltare e non ritenni di avvicinarmi in vista sicuro di essere sotto tiro dei tedeschi la cui retroguardia doveva senz’altro provvedere alla distruzione del ponte prima di ripiegare in direzione del porto. Rientrai al comando Divisione per il rapporto e riferii su quanto da me accertato personalmente.

Ero in Corsica dal 12 novembre 1942 e vi rimasi fino al 12 novembre 1943, a quelli data fummo trasferiti a Bonifacio ed imbarcati per santa Teresa di Gallura senza altri incidenti lasciando tutto il nostro materiale di dotazione in Corsica.

Nell’anno di permanenza in Corsica non ho mai avuto rapporti con partigiani. Il solo episodio che mi aha colpito è accaduto il giorno 7 ottobre del 1943, un partigiano di cui non ho saputo il nome, si è recato all’ospedale di Bastia, dove era ricoverato un maresciallo dei nostri carabinieri ferito nei combattimenti dei giorni precedenti, e lo ha ucciso barbaramente con alcuni colpi di pistola perché era reo di averlo arrestato in precedenti operazioni di controguerriglia.

La divisione Friuli sostò alcuni mesi in Sardegna con sede a Pozzomaggiore e i miei genieri erano ridotti senza scarpe ne vestiti, con zoccoletti e calzoncini corti. Nel giugno 1944 fummo improvvisamente trasferiti a Cagliari e successivamente a Napoli. L’organico della Divisione fu trasformato in Gruppo di Combattimento, dislocato a Benevento , fu sottoposto ad un’intensa preparazione per l’adeguamento all’uso dei nuovi mezzi in dotazione di provenienza inglese. I miei genieri si adeguarono presto all’impiego dei nuovi mezzi specie per i Bailei-Bridge per i ponti di circostanza.

Nel mese di gennaio 1945 il nostro gruppo di combattimento fu trasferito al fronte della linea “Gotica” sostituendo nella zona di fronte già tenuto dalla Divisione Polacca del leggendario generale Anders. La divisione o il Gruppo Friuli aveva il comando a Brisighella nella vallata del Santerno e la linea di fronte era sul torrente Senio di fronte a Riolo Bagni.

Il gruppo era comandato dal Generale Scattini con Capo di Stato Maggiore il col. Guido Vedovato ora generale.

Nell’offensiva che iniziò il 10 aprile 1945 furono occupate Riolo Bagni – Dozza e in seguito Bologna con le avanguardie del Gruppo costituito dai Bersaglieri. Dopo la caduta di Bologna il Gruppo di Combattimento proseguì fino a Verona e Trento e sostò per molto tempo a Levico.

A Bologna ebbi una breve licenza per recarmi nella mia Massa e recuperare i miei genitori, sfollati a Parma e riportarli a casa.

Massa era quasi completamente distrutta e così la mia casa e non ritenni insistere nella vita militare. Chiesi il congedo che mi fu concesso senza difficoltà, e tornai al mio vecchio lavoro che avevo lasciato il 9 settembre 1939, quale sottotenente del Genio pieno di entusiasmo e il 15 giugno 1945 tornavo a casa, con le patite delusioni, quale Capitano dal 1° gennaio 1943 conscio del dovere compiuto.

Ho ritrovato mia moglie e i miei anziani genitori alquanto provati dalle vicende della guerra ed il mio caro babbo, più degli altri parenti mal ridotto, ci ha lasciati appena dopo un mese dal mio rientro.