STATELLA Vincenzo

STATELLA VINCENZO069di Enrico e di Marianna Musso, nacque a Spaccaforno presso Ragusa il 18 ottobre 1825 e morì in combattimento a Custoza il 24 giugno 1866.
Nato da famiglia patrizia siciliana devota ai Borboni si venne, invece, egli temprando al culto della Patria libera ed indipendente. Impaziente di veder realizzata la sua aspirazione, nella prima guerra d’indipendenza si arruolò nel battaglione dei volontari napoletani inviati a combattere in Lombardia a fianco dell’Armata sarda. Ebbe il grado di capitano ed il comando della 3^ compagnia del 2° battaglione. Alla conclusione della sfortunata campagna, disdegnando di rientrare nel Napoletano e tornare al servizio del Borbone, militò fra i difensori di Venezia combattendo a Cavanelle d’Adige il 7 luglio e più tardi, il 24 ottobre, a Mestre. Passò poi nella legione emigrati dell’11° reggimento fanteria di linea, attratto dal fascino di Garibaldi che si batteva per la Repubblica Romana, e valorosamente partecipò ai combattimenti intorno a Roma, rimanendo anche ferito il 30 aprile 1849.
Dal 1850 si prodigò efficacemente per la diffusione dell’idea di unità italiana secondo il programma dei comitati segreti: il 17 maggio 1860 accorse al richiamo di Garibaldi, sbarcato a Marsala, che lo tenne con sé al suo stato maggiore, col grado di capitano. Nel luglio successivo, maggiore nell’Arma di cavalleria, aiutante di campo di Garibaldi, combatté a Milazzo, poi successivamente, sul Volturno, meritando la croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia.
Luogotenente colonnello nell’ottobre 1860, con tale grado passò, il 27 marzo 1862, nell’esercito regolare, assegnato al 2° reggimento Granatieri di Sardegna dove dette nuovo esempio delle più spiccate virtù militari.
Nella terza campagna d’indipendenza ebbe il comando del 3° battaglione del reggimento. Il 24 giugno 1866, ricevuto l’ordine di avanzare, mosse risolutamente alla testa del suo battaglione contro la brigata austriaca  Weckbecker sulle alture di Monte Croce. Nel combattimento che ne seguì ebbe prima il cavallo ucciso sotto di sé, così che dovette caricare a piedi brandendo la sciabola. Ferito a morte, cadde da prode nella battaglia e il suo corpo, calpestato e sfigurato nelle vicende del combattimento, non fu più rintracciato, come quello d’un eroe della leggenda cavalleresca.
Alla sua memoria fu conferita la medaglia d’oro al valore militare con regio decreto 30 giugno 1867 per il coraggio e sangue freddo dimostrati durante tutto il combattimento. Uccisogli il cavallo, continuò a piedi nel comando del battaglione, finché colpito da palla nell’ultimo attacco, rimase estinto sul campo.


G. Carolei, G. Greganti, Le Medaglie d’oro al Valore Militare dal 1848 al 1870,  (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia,  [Grafischena], Roma 1950, p.178.