altare della patria (vecchia)

Alla morte di Vittorio Emanuele II, nel 1878, fu deciso di innalzare un monumento che celebrasse il Padre della Patria e con lui l’intera stagione risorgimentale. Nel 1880 fu bandito un primo concorso internazionale, vinto dal francese Nenot, al quale però non fece seguito una fase attuativa del progetto. Nel successivo concorso internazionale, bandito nel 1882, fu stilato un dettagliato elenco di indicazioni per il progetto, che prescrivevano “un complesso da erigere sull’altura settentrionale del Campidoglio, in asse con la via del Corso; una statua equestre in bronzo del Re; uno sfondo architettonico di almeno trenta metri di lunghezza e ventinove d’altezza, lasciato libero nella forma ma atto a coprire gli edifici retrostanti e la laterale Chiesa di Santa Maria in Aracoeli.
I concorrenti ebbero un anno di tempo per consegnare il progetto. Le proposte presentate furono 98 e delle tre selezionate per la scelta finale la commissione reale votò all’unanimità quella di Giuseppe Sacconi, giovane architetto marchigiano.
Il progetto originario dell’opera (una delle più grandi realizzate nell’Ottocento) prevedeva l’utilizzo del travertino romano, ma il monumento venne poi realizzato in marmo botticino, famosa pietra di provenienza bresciana (da Botticino appunto, a nord-est di Brescia), più facilmente modellabile e proveniente dalla zona d’origine di Giuseppe Zanardelli (che aveva emanato il regio decreto per la costruzione del monumento). Il progetto di Sacconi si ispirava a grandi complessi classici come l’Altare di Pergamo e il tempio di Palestrina; il monumento avrebbe dovuto essere quindi un grande spazio pensato come un “foro” aperto ai cittadini, in una sorta di piazza sopraelevata nel cuore della Roma imperiale, simbolo di un’Italia unita dopo la Roma dei Cesari e dei Papi. A tutt’oggi il Vittoriano è il monumento in marmo botticino più grande mai realizzato.