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Piazzale dei Caduti della Montagnola è ubicato nel Quartiere Ardeatino tra le Vie Francesco Acri, Pico della Mirandola, Vedana, Altacomba e la superficie antistante la Chiesa Gesù Buon Pastore alla Montagnola.
Prende il nome dalle 54 vittime (42 militari e 12 civili residenti) che nelle giornate tra l’8 ed il 10 settembre 1943 persero la vita per difendere Roma dal tentativo nazista di occupare militarmente la Capitale.
Difatti la “mancata” organizzazione della difesa e l’abbandono dei comandi – seguito al proclama di Badoglio al popolo italiano dopo l’armistizio di Cassibile (3 settembre 1943): II governo italiano, riconosciuta la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al Gen. Eisenhower, Comandante in capo delle forze armate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza  –  disorientò e sgomentò le truppe, ma gli uomini ritrovarono se stessi e, quando si trovarono soli, soldati e popolo, mossi dal senso di responsabilità di fronte al pericolo e dall’iniziativa spontanea e individuale, si affiancarono nella lotta e difesero strenuamente il loro diritto alla libertà.
Fu appunto in questi luoghi ed in quei giorni che la Divisione “Granatieri di Sardegna”, insieme a carabinieri, cavalieri, carristi, bersaglieri, artiglieri e genieri, aiutati e soccorsi dai civili del luogo, diede vita ad atroci combattimenti contro le truppe tedesche.
La Divisione si trovava schierata nel settore meridionale di Roma su un fronte a semicerchio a cavallo del Tevere: un fronte lungo ventotto chilometri, distinto in due settori e sistemato su 13 caposaldi campali cui si aggiungevano quattordici posti di blocco interni e di sbarramento delle principali rotabili. Al 1° Reggimento Granatieri erano stati affidati i primi sette caposaldi: i primi quattro al I Battaglione sulla riva destra del Tevere, gli altri tre al III Battaglione; mentre il II Battaglione era stato posto di riserva divisionale nel Settore Ovest nella zona tra Abbazia Tre Fontane e Forte Ostiense. Al 2° Reggimento Granatieri erano stati affidati gli altri sei caposaldi.
Nell’area della Montagnola, oltre al Comando del 1° Reggimento Granatieri, ubicato in via Trisulti nella “Casa Rossa” ex-sede locale del Partito Fascista, era schierato, tra il Quadrivio Acqua Acetosa, la Via Laurentina e la Cava di pozzolana, il caposaldo n.6 (comandato dal capitano Pandolfo e comprendente il comando del III Battaglione, Comandato dal Ten. Col Ammassari, e del Gruppo Artiglieria).

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A partire dalla notte tra l’8 ed il 9 settembre, tutti i capisaldi furono attaccati dai tedeschi ed ognuno di essi divenne centro di combattimenti ravvicinati e di corpi a corpo. Violenti furono quelli della zona estrema meridionale tra la Via Ostiense e le Capannelle e quelli sulla Via Laurentina. In particolare la lotta fu aspra soprattutto attorno ai capisaldi n.5 (schierato intorno al Ponte della Magliana) e n.6.
Verso le sedici del giorno 9 i paracadutisti germanici fecero sostare dinnanzi a detto caposaldo, in corrispondenza della Via Laurentina, una colonna di oltre cinquecento militari italiani prigionieri, disarmati; un ufficiale germanico intimò la resa del caposaldo, rivelando che in caso di mancata accettazione della resa avrebbe fatto passare per le armi i prigionieri italiani.
Ma la minaccia non sortì l’effetto desiderato, in quanto il valoroso tenente colonnello D’Ambrosio rispose che i granatieri di Sardegna non conoscono la parola resa ed i germanici si ritirarono.
Lo stesso caposaldo n.6 nel pomeriggio vide cadere tra i primi in un furioso corpo a corpo il capitano Vincenzo Pandolfo, alla cui memoria è stata poi concessa la medaglia d’oro.

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Significativa, perché descrittiva degli avvenimenti, è la testimonianza del Parroco della Chiesa di Gesù Buon Pastore Don Pietro Occelli, medaglia d’argento al valor militare:

Era al forte Ostiense, nella cappella dell’Istituto Gaetano Giardino, istituto che ospitava circa quattrocento bambini orfani di guerra e minorati psichici, sotto l’assistenza di trentacinque suore francescane Alcantarine. Nei cortili e nei sotterranei del forte erano attestati ottocento granatieri, il cui comando di reggimento era in via Trisulti nella sede dell’ex fascio locale. Stavano sul piede di guerra, perché nella notte tra l’8 e il 9, al posto di blocco del ponte della Magliana, i tedeschi avevano proditoriamente assalito i nostri e catturato il colonnello Ammassari. Col pretesto di avere via libera per il nord, cercavano di smobilitare i posti di guardia. Scontri a fuoco, e primi granatieri e carabinieri della Magliana e di S. Paolo feriti dal “kamerati, kamerati”. I feriti vennero accolti nelle case della Montagnola e medicati alla meglio, mentre si stringeva un segreto patto tra militari e borghigiani. […] I sergenti correvano dai sotterranei ai cortili, sui ciglioni delle scarpate verso il Tevere, a distribuire soldati e armi, e a dare consegne.
La torre del forte usava anche allora dieci minuti di vantaggio nel segnare il tempo, ma ricordo che aveva da poco dato i tocchi delle sei, quando si udì un fitto e nutrito fuoco di fucileria, e si videro cadere a centinaia foglie e rami degli eucalipti che circondavano l’istituto. I tedeschi erano ormai insediati e armatissimi nel Palazzo della Civiltà Fascista all’EUR (l’attuale Palazzo della Civiltà Italiana), nel Palazzo degli Uffici e sui ripiani della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo. Alle sette non c’era più un vetro sano. I fucili 91 presero subito a rispondere. Le nostre mitragliatrici parvero ben presto inferiori a quelle tedesche dal fuoco feroce e tagliente. […]

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La Bandiera del 1° Granatieri veniva messa in salvo e affidata alla custodia dell’avvocato Ottavio Libotte, ex granatiere. Occupato il forte, la battaglia continuò nei campi della Montagnola, nelle scuole elementari e nelle due piccole roccaforti del palazzo rosso dell’ex fascio, e nella casa di Quirino Roscioni, il fornaio della zona, già mutilato della Grande Guerra. Dai due fortilizi granatieri, guastatori e popolani sostennero un nutrito fuoco e, con alcuni carabinieri attestati nelle case di via Pomposa, sbarrarono il passo della Laurentina ai tedeschi. Fu presso le scuole che cadde eroicamente il giovane sottotenente dei Granatieri Luigi Perna (medaglia d’oro al valor militare). Quando questi cadde, colpito in fronte da un proiettile anticarro, le scuole, padiglioni in legno, erano a fuoco investiti dai lanciafiamme, la cancellata e la rete erano contorte attorno al cadavere, e mi fu vietato per un’ora di accostarmi. Un soldato tedesco, tra le sbarre del cancello, tolse il 91, lo spezzò e lo depose in croce sul caduto. Le truppe tedesche si rovesciarono per la Laurentina giù verso l’Ostiense e Porta S. Paolo.
Quirino Roscioni, il fornaio, che aveva trasformata con soldati e popolani la casa e il forno quale ultima trincea, esaurite le munizioni, procurò ai militari dei vestiti borghesi per metterli in salvo, quindi con la cognata
Pasqua D’Angelo attese la sorte che i tedeschi gli avrebbero data. Cacciato di casa, chiese di raggiungere la parrocchia. Gli fu concesso, ma quando si trovava a pochi passi dalla chiesa, una raffica di mitra lo colpiva mortalmente al collo, assieme alla cognata. Allo stesso modo, alle porte della chiesa, vennero uccisi altri sette parrocchiani.

I caduti furono ricordati dal pittore Mariani nel grande mosaico che campeggia sulla facciata della chiesa “Gesù Buon Pastore” con 54 croci vegliate dall’Angelo della Morte e della Gloria.
I loro nomi sono scolpiti in marmo nel sacrario memoria della chiesa della Montagnola ai lati del Cristo bronzeo che il comune di Roma ha donato alla cripta, mentre sulla grande piazza antistante il Tempio una colonna di epoca imperiale, al centro del parco della Rimembranza, ricorda l’epica battaglia.