23 settembre 1943· TORRE DI PALIDORO (Roma)
Il leggendario gesto di Salvo D’Acquisto
La cronaca di questo episodio, scriverà Mario Missiroli (Bologna, 25 novembre 1886 – Roma, 29 novembre 1974, è stato uno scrittore e giornalista italiano. Fu direttore di quattro quotidiani: il Resto del Carlino, Il Secolo, Il Messaggero e il Corriere della Sera) – è semplice e deve essere ricordata nella sua semplicità.
In una tranquilla borgata dell’Agro romano, a Palidoro, un militare tedesco resta ucciso e altri sono feriti per lo scoppio di una bomba a mano, avvenuto mentre rovistavano in una cassa lasciata in una casermetta dai militari della Guardia di Finanza.
Che non si tratti di un attentato è evidente; ma ciò nonostante i tedeschi lo considerano tale anche per trovare una giustificazione presso i loro superiori. Si rivolgono, pertanto, al Comando locale dei Carabinieri, dai quali pretendono «protezione e collaborazione».
Nella Stazione di Torre in Pietra è solo Salvo D’Acquisto, un vicebrigadiere di ventitre anni. Ai due militari tedeschi che gli ordinano i rivelare i nomi dei colpevoli, il valoroso giovane risponde che nulla sa, che non esistono colpevoli, e nonostante ogni minaccia e ogni tortura continua a negare ogni responsabilità di quei poveri popolani, contadini e operai – sono ventidue – che i tedeschi hanno preso come ostaggi ed hanno trasferito su un camion nelle vicinanze della Torre di Palidoro. Dopo un processo sommario, i tedeschi consegnano a ciascuno dei ventidue infelici un badile con l’ordine di scavarsi una fossa.
Di fronte a questo spettacolo inumano, il giovane carabiniere prende una decisione che tocca le vette del sublime. Decide di proporre al comandante tedesco di dichiararsi colpevole a condizione che abbiano salva la vita i ventidue ostaggi.
Il comandante tedesco, al quale, evidentemente, preme di far buona figura coi suoi superiori, accetta la proposta. E così il giovane carabiniere viene fucilato e gli ostaggi vengono liberati.