Storia del Gruppo di combattimento LEGNANO
Il Gruppo di combattimento «Legnano» nella zona di Piedimonte D’Alife
II terreno quasi costantemente fangoso rende pressochè proibitivo l’addestramento all’aperto; l’addestramento interno è impossibile per mancanza di locali.
La situazione delle vie di comunicazione è pessima: nella zona la guerra aveva sostato per lunghi mesi e le strade avevano dovuto sopportare il traffico di pesanti mezzi corazzati. Spostatasi la guerra le strade sono rimaste piene di buche che impediscono agli automezzi, pena la rottura delle balestre, di superare la velocità di pochi chilometri all’ora. Ne risulta una notevole difficoltà da superare per una delle branche più importanti dell’addestramento: la scuola guida per i numerosi conduttori degli automezzi previsti dalle formazioni organiche.
Nella zona di Piedimonte d’Alife il problema maggiore da risolvere, la difficoltà più dura da superare non è però quella addestrativa.
Occorre che ufficiali, sottufficiali e soldati, che fino a un momento prima hanno combattuto a fianco di grandi unità alleate, svestano la loro vecchia uniforme italiana per indossarne una di foggia straniera e ritornino a scuola come tante reclute per imparare come si fa a combattere con nuove armi e con nuovi metodi per poter poi ritornare in linea accanto alle stesse grandi unità alleate. I membri della grande famiglia del Corpo Italiano di Liberazione, che riuniva in un unico ampio settore tutti gli Italiani combattenti contro il nemico secolare, debbono restringersi in quelle piccole famiglie indipendenti che sono i gruppi di combattimento i quali dovranno separatamente essere assorbiti in grandi unità alleate, con compiti proporzionalmente meno importanti di prima in ragione della forza ridotta e delle ripartite possibilità operative.
II combattente deve dire addio alle sue armi. Anche se meno moderne di quelle inglesi avevano pur esse contribuito efficacemente a cacciare il tedesco da Cassino alla linea dei Goti. E l’arma per il combattente non è soltanto uno strumento di offesa e difesa, ma la fedele compagna di tutte le ore, generosa ed esigente con una voce sua propria che egli saprebbe differenziare tra i mille frastuoni del combattitimento.
L’alpino deve dire addio al suo mulo al quale è legato da una tradizione di origine. Alpini e muli sono nati insieme. L’alpino non potrebbe vivere, combattere e muoversi senza il mulo; l’alpino in pianura non è più tale.
I settentrionali, e sono numerosi nel C.I.L., sentono amara ed irritante la delusione di aver dovuto percorrere a ritroso quei cinquecento chilometri di penisola che risalirono combattendo, proprio quando erano giunti a contatto della linea dei Goti, dell’ultima linea naturale che il nemico poteva opporre alla liberazione della pianura padana in cui chissà se e come vivono le loro famiglie dalle quali sono anni che non hanno notizie. E i settentrionali dovettero voltare le spalle alle loro case proprio quando la linea dei Goti stata per spezzarsi sotto gli urti poderosi degli alleati ai quali anche il Corpo Italiano di Liberazione aveva dato il suo apporto.
Ad inasprire ancora di più la situazione spirituale del soldato vi erano tre grossi problemi: della razione, delle licenze e del vestiario. Essi furono così prospettati nella «relazione sullo spirito della truppa e sulla propaganda svolta nel mese di ottobre 1944»:
«Il soldato è scontento della razione. Il soldato della «Legnano» lo è anzitutto in senso relativo perché – secondo lui -non è mai stato cosÌ male come da quando gli alleati lo elogiano apertamente e dichiarano che merita premio. In effetti, da settembre la sua razione è stata ridotta di un buon terzo, il paese che attualmente lo ospita è enormemente inferiore all’Abruzzo e alle Marche come disponibilità di prodotti alimentari da acquistare direttamente; d’altronde il valore della moneta è, nel frattempo, diventato irrisorio. Ma la razione è scarsa in senso assoluto; sopratutto per gente che deve produrre un lavoro intensivo di addestramento e che dorme sotto scomodissime tende desertiche in una regione e in una stagione eccezionalmente piovosa; sono tutte calorie che se ne vanno e che si dovrebbero reintegrare. Malgrado io tempesti non sono riuscito a procurare a tutti nemmeno la seconda coperta.
Il soldato comprende che si debbono fare sacrifici per il Paese che ha fame più di lui; ma non comprende di dover combattere a stomaco semivuoto accanto a truppe che non mancano di nulla: a parità di doveri reclama la parità di diritti.
Punto secondo: le licenze. Il soldato non si sente di ammettere che quando la sua terra è stata liberata gli sia negato il permesso che per lui è sacrosanto di andare a vedere che cosa è successo a casa sua; sopratutto quando ha egli stesso combattuto, sebbene su altro settore del fronte.
Terzo punto: il vestiario. Sono state distribuite divise inglesi che sono nuove solo in minima parte. lo sono convinto che ciò non dipenda da cattiva volontà ed energicamente mi sforzo a combattere questa impressione. ma il soldato aveva sperato che il sacrificio della sua uniforme italiana avrebbe trovato un compenso in una soluzione radicale nel problema del vestiario ed è rimasto amaramente deluso».
I reparti del C.I.L. trasformati sulla carta in reparti del Gruppo di Combattimento «Legnano» si amalgamano in nuove unità mentre presso le scuole inglesi vengono inviati nuclei di ufficiali sottufficiali e truppa. Questi alloro ritorno insegnano agli altri militari quanto hanno appreso nelle scuole inglesi.
Nella seconda metà di ottobre cominciano a giungere le nuove armi e i nuovi mezzi. Dal Ministero della Guerra pervengono numerose pubblicazioni tradotte dall’inglese. Queste, per la quasi totalità si riferiscono alle nuove armi; mancano cioè pubblicazioni relative ai nuovi procedimenti tattici. A cura del Comando Gruppo di Combattimento vengono pertanto tradotte e diramate le seguenti pubblicazioni:
– addestramento della fanteria – parte VIII – sfruttamento del terreno – addestramento al combattimento – tattica della squadra e del plotone;
– addestramento della fanteria – parte I il battaglione di fanteria;
– addestramento della fanteria – il battaglione nell’attacco notturno e nella sostituzione;
– l’impiego del fuoco di artiglieria e la cooperazione fanteria-artiglieria nell’esercito inglese;
– organizzazione e funzionamento dei servizi;
– organizzazione dei rifornimenti e dei trasporti nelle zone avanzate con particolare riguardo a un Gruppo di Combattimento italiano inquadrato in C. A. inglese;
– organizzazione e disciplina del movimento per via ordinaria;
– designazione di punti sulla carta quadrettata proveniente da enti inglesi;
– note per la rapida stima e classificazione dei ponti;
– traccia tecnica per l’esecuzione delle ispezioni agli autoveicoli ruotati «B»;
– il Carrier «Universal» – sistema di manutenzione.
Alla fine di dicembre la preparazione tecnica e tattica dei singoli individui è ultimata. E questa la parte basilare dell’addestramento che richiede cure più minuziose e quindi tempo maggiore.
Il Gruppo di combattimento «Legnano» nella zona di Bracciano
Dal 12 al 23 dicembre 1944 il Gruppo di Combattimento «Legnano» si trasferisce per via ordinaria dalla zona Alifana nella zona ad ovest e nord-ovest del lago di Bracciano, fra Bracciano stessa, Manziana e Oriolo; in quella zona sosterà circa un mese e cioè sino alla fine di gennaio.
Il trasferimento avviene in due tappe con sosta intermedia nella zona di Valmontone (40 km. a sud-est di Roma), ove la truppa passa la notte all’adiaccio.
Il numero degli automezzi della «Legnano» non consente di effettuare il trasferimento in un solo viaggio e gli autisti sono costretti a percorrere più volte i 240 chilometri tra la zona di partenza e quella di arrivo.
Il trasferimento avviene con regolarità cronometrica e dimostra l’alto livello organizzativo logistico della «Legnano» e sopratutto le capacità tecniche ed anche di resistenza alle fatiche di tutti gli autisti e meccanici.
Nella zona di Bracciano è possibile accantonare tutti i reparti in caserme, scuole, fabbricati vari e togliere finalmente la truppa, almeno per qualche tempo, dalla tenda, che, per il suo cattivo stato di efficienza, costituiva un riparo addirittura inadatto, specie nella stagione invernale.
Due giorni dopo aver ultimato il trasferimento, i reparti celebrano la solennità natalizia in perfetta unione tra ufficiali e soldati, con la partecipazione del Ministro del Tesoro, del Capo di S. M. dell’Esercito e dell’Arcivescovo Castrense. Un comitato di signore romane offre oltre 10 mila pacchi dono di contenuto veramente pregevole in rapporto ai tempi. Circa duecento militari sono ospiti in case private di Roma.
Durante la permanenza a Bracciano si organizzano gite premio domenicali a Roma con l’afflusso di 400 militari alla volta. Il programma comprende la visita al Santo Padre. Pio XII ha parole di affetto per tutti i militari sopratutto per quelli che hanno le famiglie nella zona occupata.
Durante il mese di gennaio l’Arcivescovo Castrense S. E. Ferrero di Cavallerleone impartisce la cresima ad una ottantina di militari.
La vestizione con corredo alleato rimane incompleta, in rapporto ai rigori della stagione; non viene, tra l’altro, completata la distribuzione delle coperte e dei cappotti. La distribuzione di alcuni capi di corredo in deficiente stato d’uso produce una cattiva impressione nella truppa. Per assoluta indisponibilità, forse soltanto temporanea, di materiale migliore si devono accettare dai magazzini inglesi dei cappotti sommariamente rattoppati e alcuni ancora visibilmente macchiati di sangue.
Il morale della truppa, nei più frequenti contatti con certi lati negativi della vita della Capitale e delle campagne di stampa, subisce un’evidente flessione; il soldato è indotto a formarsi il convincimento che mentre si predica la necessità e la santità della guerra di liberazione, nell’attuazione pratica poco si conclude. Ciò essenzialmente perchè ai disertori e ai renitenti alle chiamate non vengono inflitte solenni e pubbliche squalifiche morali; anzi molti renitenti vivono indisturbati nelle loro case, in tranquillità di spirito e di opere.
Le caratteristiche del terreno nella zona di Bracciano consentono di dare un più deciso impulso all’attività addestrativa per quanto abbondanti nevicate mantengono bassa la temperatura.
Per la fine di gennaio, nonostante che le unità di fanteria non abbiano ancora ricevuto tutto l’armamento necessario, i reparti completano l’addestramento fino al plotone compreso e unità similari.
Il Gruppo di combattimento «Legnano» nella zona del Chianti
Dal 25 al 31 gennaio il Gruppo di Combattimento «Legnano» si trasferisce dalla zona di Bracciano nella zona del Chianti. Il trasferimento avviene parte in ferrovia e parte per v.o. e precisamente per ferrovia si trasferisce il personale mentre i materiali vengono autotrasportati.
Con l’arrivo nella zona del Chianti il Gruppo di Combattimento «Legnano» passa alle dipendenze di impiego e logistiche della 8ˆ Armata e per l’addestramento del lo District britannico.
Il 30 gennaio il T.Col. inglese PHILLPOT porta il saluto del Gen. MC CREERY comandante dell’Armata, e comunica che prossimamente una aliquota di ufficiali del Gruppo dovrà, a scopo orientativo, recarsi a visitare la zona di schieramento del XI II Corpo d’Armata.
Infatti il 5 febbraio, per ordine del Comando 8ˆ Armata, il Generale Comandante e un gruppo di ufficiali dei reparti dipendenti si recano a visitare il settore di schieramento della 78ˆ Divisione britannica (XIII Corpo d’Armata).
Il Generale ARBUTHNOT, Comandante della 78ˆ Divisione britannica, consegna la carta dello schieramento della Divisione e dà alcuni orientamenti sul settore che sembra sarà affidato al Gruppo «Legnano».
Il giorno 13 febbraio giunge invece l’ordine che il Gruppo «Legnano» passa dalle dipendenze della 8ˆ Armata britannica a quelle della 5ˆ Armata americana.
Ciò provocherà alcune complicazioni quando il Gruppo «Legnano» entrerà in linea. Complicazioni per il Gruppo «Legnano» al momento della sostituzione dei reparti americani, complicazioni per gli organi superiori preposti ai rifornimenti dopo che il gruppo «Legnano» sarà entrato in linea. Infatti l’operazione di sostituzione di un reparto in linea, già difficile per sè stessa viene resa più difficoltosa quando reparti hanno armamento e costituzione organica diversa. Il reparto subentrante non potrà assumere le stesse postazioni di armi e lo stesso schieramento di squadre e di plotoni del reparto uscente perchè gli organici sono diversi. Il reparto subentrante non potrà utilizzare le riserve munizioni del reparto uscente perchè le armi di dotazione rispettive sono differenti.
A sostituzione avvenuta le complicazioni rimangono per i rifornimenti perchè il Gruppo «Legnano» pur essendo impiegato dalla 5ˆ Armata dovrà essere rifornito dall’8ˆ Armata in quanto l’armamento dei gruppi di combattimento è inglese. La visita orientativa degli ufficiali del Gruppo «Legnano» nel settore dell’8ˆ Armata e il successivo contrordine lasciano supporre che la destinazione del Gruppo «Legnano» sia stata oggetto di qualche discussione, alla quale può non essere stato estraneo il concetto di affidare ad un ‘unità di veterani provati un compito di particolare fiducia.
Nel Chianti il Gruppo «Legnano» si disloca su una zona molto ampia: più di 920 km² di superficie. Le caratteristiche del terreno – ricca rete stradale, orografia variamente accidentata – sono favorevoli ad una proficua attività addestrativa.
La primavera notevolmente in anticipo, toglie a tutti, col suo cielo limpido e sereno, qualsiasi nuvola di dubbio o tristezza mentre l’umidità immagazzinata nella zona alifana si va evaporando sotto il tepore penetrante del sole.
Molto favorevole è l’ambiente spirituale: l’azione educativa dei quadri trova il più largo appoggio nella popolazione civile che circonda il soldato delle attenzioni più affettuose e toccanti.
Il 25 febbraio un comitato di dame fiorentine consegna le drappelle all’11° reggimento artiglieria, che il Vescovo di Fiesole benedice.
Il 7 marzo vengono consegnate in forma solenne la Medaglia di ARGENTO al Labaro del IX Reparto d’Assalto e numerose ricompense individuali al valore ai militari distintisi durante il periodo operativo del Corpo Italiano di Liberazione.
Nei giorni 9-10-11 marzo si svolge, alla presenza di giudici di campo inglesi ed americani, una esercitazione complessa di gruppo con l’intervento di tutti i reparti. L’esercitazione, denominata «Radmin», prevede la sostituzione in linea di un reggimento schierato su terreno collinoso. Essa si effettua in modo preciso e impeccabile ispirando piena fiducia nella coesione morale e nella preparazione guerriera dell’unità.
Con questa esercitazione si chiude il ciclo addestrativo del Gruppo di Combattimento «Legnano». Per sei mesi hanno dovuto ufficiali e truppa subire le costrizioni della vita addestrativa. Fango e pioggia a Piedimonte d’Alife, neve e freddo a Bracciano e finalmente il tiepido sole primaverile del Chianti.
Sei mesi di duro tirocinio. Ritornare a fare la recluta dopo avere dimostrato di saperci fare, magari con le carni segnate di recente dal piombo nemico, è stata una difficile prova, sopratutto moralmente. Eppure era necessaria.
Non si trattava soltanto di imparare il funzionamento di nuove armi, occorreva assimilare nuovi metodi, talvolta molto diversi dai nostri. In linea tutti debbono parlare lo stesso linguaggio altrimenti possono succedere malintesi anche gravi tra una grande unità e quella laterale, oppure nella interpretazione di ordini della grande unità superiore.
La fanteria deve difendersi ed attaccare con gli stessi procedimenti di quella alleata. L’artiglieria deve dare il suo concorso àlIe grandi unità alleate e riceverlo da queste con i loro metodi.
Nel Corpo Italiano di Liberazione queste necessità non erano sentite così imperiosamente. Il C.I.L. aveva 14 battaglioni di fanteria e gli veniva perciò assegnato un settore nel quale poteva operare con un certo respiro. Inoltre il CIL aveva armi ed equipaggiamento italiani.
La «Legnano» invece con sei soli battaglioni di fanteria era destinata a far parte integrante di una grande unità alleata, e quindi, dotata delle stesse armi, doveva assimilare gli stessi metodi.
Giunge l’ordine per l’entrata in linea
Il 10 Marzo giunge l’ordine che il Gruppo di Combattimento «Legnano» dovrà trasferirsi entro le ore 00,01 del 18 Marzo nella zona di raccolta a circa 5 km. a Nord-Est del Passo della Raticosa tra Piancandoli – La Martina – Tre Poggioli, passando alle dipendenze di impiego del Comando II° Corpo d’Armata Americano. (Per la durata delle operazioni di sostituzione e di ambientamento sarà alle dipendenze: del c.do 91ˆ div. ftr. americana).
Da detta zona si trasferirà in linea sostituendo i Reggimenti 362 e 363 della 91ˆ a Divisione di Fanteria Americana. La sostituzione dovrà essere completata entro le ore 07,00 del 23 Marzo.
Dal Chianti alla zona di raccolta il Gruppo di Combattimento dovrà percorrere l’itinerario: Poggibonsi – Firenze – SS 65.
L’annuncio della prossima entrata in linea non è una sorpresa per i soldati della «Legnano». Non lo sarebbe stato per nessun soldato di qualunque nazionalità.
Nessuna sensibilità eguaglia quella del soldato che sente l’approssimarsi degli avvenimenti ed alle volte giunge a localizzare, tra limiti di tempo molto ravvicinati, la data in cui si verificheranno.
L’ordine della prossima entrata in linea non produce trai soldati della «Legnano» la minima crisi. Eppure, piccole o gravi, esse costituiscono un fenomeno comune a tutti gli eserciti di tutti i paesi di qualsiasi periodo storico quando si parte per il fronte. Invece non vi fu turbamento, non vi fu emozione, non vi furono disertori. La partenza avvenne con la naturalezza di una esercitazione. Forse perchè, come si è detto, tutti aspettavano da un giorno all’altro quell’ordine, forse perchè la selezione spirituale in questa compagine prevalentemente di veterani era già un fatto compiuto.
Una cosa però è certa e qui preme metterla in evidenza: ogni soldato aveva fiducia in sè stesso, nei suoi compagni, nei suoi comandanti, in sintesi aveva fiducia nel suo reparto. Inoltre l’anima collettiva di ogni reparto sentiva di essere legata con vincoli poderosi e indistruttibili all’unità superiore cui apparteneva; e tutti sentivano in una sintesi meravigliosa di cameratismo e di compiti di essere membri di una famiglia sola, unica e potente: il Gruppo di Combattimento «Legnano».
Era questa l’atmosfera che si era venuta creando in sei mesi di lotte spirituali e di dura ed intensa attività addestrativa nelle zone di Piedimonte d’Alife, Bracciano e Radda in Chianti, nel vincolo indissolubile della tradizione del C.I.L. e del I° Raggruppamento Motorizzato.
Il settore assegnato al Gruppo di combattimento «Legnano»
Il settore assegnato al Gruppo di Combattimento «Legnano» era alla destra della 5ˆ Armata tra la 25ˆ Brigata della 10ˆ Divisione Indiana (8ˆ Armata) e il 361° Reggimento Fanteria della 91ˆ Divisione Americana.
Il settore comprendeva una zona ampia 6 km. a cavallo del fiume Idice ed era al vertice del grande saliente che il fronte alleato formava a 16 km. circa a Sud di Bologna. Il saliente alleato a Sud di Bologna comprendeva la zona a cavallo del fiume Idice, assegnata alla «Legnano», e M. Grande, difeso da elementi della 25ˆ Brigata della 10ˆ Divisione Indiana.
A sua volta, il settore affidato al Gruppo di Combattimento «Legnano» comprendeva, a sinistra, il costone fra i torrenti Zena e Idice; a destra il nodo orografico (se così si può chiamare, dato l’ambiente di collina) tra i torrenti Idice, Quaderna e Sillaro.
Le posizioni importantissime di M. Grande, si difendevano oltre che sul posto, sopratutto nel settore del Gruppo «Legnano». Infatti se il nemico fosse riuscito a conquistare le posizioni di q. 459-622 sarebbe stato in grado di isolare M. Grande bloccandone la via dei rifornimenti che passava lungo la valle Sillaro. Da quelle posizioni avrebbe potuto altresì scendere in valle Idice e isolare gli altri reparti del Cruppo «Legnano». In sintesi le posizioni di q. 622-459 rappresentavano l’elemento tattico fondamentale del saliente alleato e in particolare del settore affidato alla «Legnano». Dette posizioni furono affidate al 68° Reggimento Fanteria (I e II battaglione in l° scaglione, I a destra), mentre al Reggimento Fanteria Speciale (battaglione Alpini «Piemonte» e «L’Aquila» in 1° scaglione, «l’Aquila» a destra) vennero affidati il costone tra Zena e Idice e la spalla destra dell’Idice.
Sugli immediati rovesci del costone q. 622-459 venne dislocato in secondo scaglione il IX Reparto d’Assalto, mentre il Btg. Bersaglieri «Goito» fu dislocato pure in 2° scaglione nella zona di Fiumetto, orientato ad intervenire pur esso verso la zona di q. 622 – q. 459.
Il Comando II° Corpo d’Armata Americano, data l’importanza del settore, rinforzò la «Legnano» con due compagnie carri armati e due plotoni mortai che vennero così assegnati:
- al 68° Reggimento Fanteria:
- compagnia C dell’805° Btg. carri armati TD;
- un plotone della Cp. C del 1000 btg. mortai;
- al Reggimento Fanteria Speciale:
- compagnia A del 752° Btg. carri;
- un plotone della Cp. C del 100° btg. mortai;
- al 68° Reggimento Fanteria furono inoltre assegnati in
rinforzo:- 51ˆ Cp. Artieri del LI Btg. Misto Genio «Legnano»
- una squadra polizia stradale (CC. RR «Legnano»);
- e al Reggimento Fanteria Speciale:
- 3ˆ Cp. Artieri del LI Btg. Misto Genio «Legnano»;
- una squadra polizia stradale (CC. RR «Legnano»).
I quattro gruppi da 25 libbre (I, II, III, IV) dell’11° reggimento Artiglieria, schierati in regione Monterenzio, furono orientati ad agire ciascuno in difesa di un battaglione di 10° scaglione nell’ordine, da destra verso sinistra: 1/11° – 1/68°; II/11° – 11/68°; III/11° – Btg. «L’Aquila»; IV/11° Btg. «Piemonte».
Il V gruppo organizzò in modo unitario la difesa controcarro nel settore del Gruppo di Combattimento. A tale scopo l’ossatura della difesa fu costituita dagli otto pezzi da 17 libbre del gruppo e fu integrata con i pezzi da 6 libbre dei due Reggimenti di Fanteria.
Il VI gruppo c. a. da 40 mm. provvide alla difesa bassa della zona di schieramento delle artiglierie, del comando tattico del gruppo di combattimento e dei servizi.
Il Comando del Gruppo, collegato con mezzi molteplici al Comando del II° C. A. Americano dislocato tra i rovesci del Passo della Raticosa e l’abitato di Pietramala, si stabilì nei pressi immediati di S. Benedetto Querceto, prima affiancato poi sostituendosi al comando della 91ˆ divisione americana. Il Comando 680 Reggimento Fanteria si stabilì a Palazzo, pendici nord di Monterenzio, e il comando Reggimento Fanteria Speciale a Savazza, sostituendo rispettivamente i comandi dei reggimenti americani 361° e 363°.
Il Comando 11° Reggimento Artiglieria si stabilì a Molinetto e il Comando LI Battaglione Genio a Bisano. I servizi e gli scaglioni B si dislocarono nella zona tra La Martina e S. Benedetto Querceto.
L’entrata in linea
Alle ore 07,00 del 23 Marzo il Gruppo di Combattimento «Legnano» con una regolarità cronometrica era schierato sulle posizioni assegnategli.
Anche il battaglione Alpini «L’Aquila», il «bocia» della «Legnano», era entrato in linea come i vecchi del C. I. L. e del I Raggruppamento, sostituendo senza il minimo incidente il I Battaglione del 363° Reggimento Fanteria Americano.
La sostituzione si presentava oltremodo difficile causa la vicinanza della linea nemica che in alcuni tratti distava poche decine di metri. La situazione delle vie di comunicazione obbligava a sostituirei quattro battaglioni in linea uno per notte, da destra verso sinistra. Infatti la strada per giungere alle posizioni dei quattro battaglioni si riduceva ad una sola, quella di fondo valle Idice e nell’arco notturno un solo battaglione poteva raggiungere la linea e un altro, a sostituzione ultimata, defluire a tergo in posizione defilata agli osservatori terrestri nemici. Americani e Tedeschi da lunghi mesi si fronteggiavano su quelle posizioni e pertanto uno conosceva tutto dell’altro. Le divise della «Legnano» e quelle americane sono differenti: particolare che dà subito nell’occhio la differenza di elmetto: a padella quello inglese della «Legnano», tipo tedesco quello degli Americani. Era ben difficile che il giorno successivo alla prima sostituzione i Tedeschi non si accorgessero che sulle posizioni di prima gli Americani se ne eran andati e al loro posto vi era un battaglione di un altro esercito. L’osservazione ripetuta il giorno seguente avrebbe chiaramente indicato al Comando Tedesco che davanti alle sue linee si stava attuando una sostituzione di reparti a partire da Est verso Ovest. Perchè quindi non organizzare ed attuare contro le posizioni nemiche un po’ più occidentali una «zappata notturna» nella quale i Tedeschi, in due anni di difensiva, si erano specializzati? Il I° Battaglione del 576° Rgt. granatieri schierato in 2° scaglione di fronte alla parte occidentale del settore che avrebbe dovuto occupare il Gruppo «Legnano» avrebbe agevolmente consentito una rapida attuazione del piano.
II Comando Americano disse di non avere preoccupazioni serie in proposito perchè vi era un battaglione carri pronto ad intervenire e nella valle Idice vi era una cinquantina di interruzioni predisposte che in caso di necessità si potevano far brillare con brevissimo preavviso.
Ciò però era vero ma in un campo superiore a quello del Gruppo di Combattimento «Legnano». A complicare la sostituzione vi erano le differenze di organico e di armamento. Queste ultime, come è già stato notato, non hanno consentito agli Italiani di utilizzare le abbondanti riserve munizioni già sul posto.
Operazione oltremodo difficile e laboriosa quindi l’entrata in linea del Gruppo «Legnano». Una mossa errata di un solo soldato, sopratutto di quelli del 68° Reggimento Fanteria, che fu il primo a entrare in linea, poteva danneggiare seriamente i suoi compagni. A questo proposito si deve notare che la sostituzione effettuata dal 68° Reggimento Fanteria fu più laboriosa di quella del Rgt. Ftr. Speciale tanto da richiedere una notte di più: tre anzichè due. Rispetto all’asse di valle Idice il settore del 68° Rgt. era infatti più eccentrico di quello dello Speciale e il tempo di percorrenza complessivo non consentiva di portare i battaglioni direttamente dalla zona di raccolta alla linea. Ogni battaglione del 68° è stato pertanto costretto a effettuare nella prima notte, come sbalzo intermedio, soltanto la sostituzione del battaglione americano di 2° scaglione.
Gli Americani, di qualsiasi grado, furono prodighi di elogi. Il comandante del 363° Reggimento Fanteria così si espresse al comandante del Reggimento Fanteria Speciale:
«Mai prima d’ora avevo visto effettuare una sostituzione in linea con tanto ordine, tanta disciplina, tanta regolarità; il nemico non si è certamente accorto di nulla, sono veramente lieto di poter fare questa dichiarazione ed esprimo al Comandante del Reggimento Fanteria Speciale la mia viva e sincera fiducia nel suo bel reggimento».
Fu merito dei quadri, di quelli piccoli però e sopratutto dei soldati, di tutti i soldati i quali seppero persino copiare e mantenere almeno nei primi giorni anche le abitudini sulla linea degli Americani. Per 5 notti successive, le pattuglie tedesche, che pur erano attive, non riuscirono a penetrare nel mistero di quanto avveniva dietro alla immediata reazione di fuoco che scatenavano.
Cinque giorni dopo avvenuta la sostituzione i Tedeschi non si erano ancora accorti che i nuovi reparti erano italiani.
Il 28 marzo infatti faranno un involontario elogio al Gruppo «Legnano» lasciando cadere sulle nostre linee manifestini di propaganda di vario tipo redatti tutti in lingua inglese. Alcuni giorni dopo si apprenderà da prigionieri che il nemico non ha avuto sentore dell’avvenuta sostituzione degli Americani con unità italiane, pur avendo intuito – da una più accentuata dinamica del fuoco dei mortai e delle azioni di pattuglia – che il presidio era stato rinforzato o cambiato.
L’importanza del settore affidato al Gruppo di combattimento «Legnano»
Sul senno di poi si potrebbe essere indotti a sottovalutare l’importanza del compito assegnato al Gruppo «Legnano» nella battaglia decisiva. Le osservazioni che seguono si propongono di contribuire all’obiettività di un giudizio.
Nessun dubbio che l’organizzazione interna di un Gruppo di Combattimento non avrebbe consentito di impiegarlo utilmente come unità di rottura in terreno fortemente organizzato come quello del settore di attacco della 5ˆ Armata Americana: poca l’artiglieria, modesta l’attrezzatura di mezzi tecnici, carri nessuno.
Avrebbe però potuto essere utilizzato a sostituire unità offensivamente più efficienti su uno dei tratti destinati con certezza ad assolvere un ruolo di semplice osservazione. È stato invece schierato nella cerniera di manovra, proprio nel punto più delicato del fronte passivo, quello cioè nel quale, se li fosse stata, era da attendersi che si sviluppasse il tentativo tedesco di contromanovrare.
Questa manovra riuscendo sarebbe stata particolarmente pericolosa e rapidamente suscettibile di paralizzare i progressi dell’attacco americano.
Come è poi realmente avvenuto, c’era da dubitare che le Armate tedesche in Italia avrebbero potuto far sopravvivere la propria efficienza ad una eventuale battaglia perduta sul fronte Appenninico. Arretrando si sarebbero sfasciate. Esistevano bensì, fortissima, la linea del Po, e ancora più forte, la linea delle Alpi; mancavano però le riserve per una apprezzabile imbastitura preventiva di tali linee dietro le quali le truppe battute e, come probabile, gravemente falcidiate nei mezzi potessero riannodarsi. La disastrosa situazione generale sugli altri fronti escludeva che esse potessero contare su rinforzi esterni. Accettando la battaglia esse giocavano dunque sul posto il tutto per tutto. Ma il loro prestigio militare era ancora troppo alto perchè si potesse credere che si sarebbero rassegnate a difendersi rinunciando a dare ancora una zampata, non fosse altro che per finire in bellezza.
Il fronte tedesco si poteva dividere in tre parti:
– occidentale: da Forte dei Marmi fino a cavallo di Bologna;
– centrale: a cavallo di Bologna, tra M. Vignola e M. Grande; è il tratto che si affaccia alle strade statali n. 64 e 65 e alla rotabile di Valle Idice;
– orientale: tra Bologna e le Paludi di Comacchio. Di esse la più delicata era la centrale.
La parte occidentale aveva alle spalle una profonda fascia montana, la più idonea a compensare il grave squilibrio tra i due avversari in fatto di mezzi corazzati e motorizzati.
La profondità della fascia consentiva parecchi sbalzi indietro.
La parte orientale più pericolosa di quella occidentale, consentiva anch’essa un certo respiro per eventuale ripiegarnento appoggiantesi ai numerosi ostacoli d’acqua, naturali ed artificiali, che intralciavano il movimento delle unità meccanizzate avversarie. Il fronte infatti, scivolando con la sua ala sinistra lungo le paludi di Comacchio, poteva portarsi senza irrimediabili svantaggi sino alla posizione tratteggiata nello schizzo che segue.
La parte centrale era invece sottile ed avrebbe dovuto essere rigidamente mantenuta per assicurare il possesso di Bologna, perno attorno al quale dovevano ruotare, se sottoposte ad una preponderante pressione, le due ali del fronte. Perduta Bologna il fronte sarebbe stato spezzato irrimediabilmente in due tronconi e, qualunque fosse l’andamento della lotta in corrispondenza di essi, non avrebbero potuto sottrarsi ‘ad un rapido accerchiamento altrimenti che ripiegando in modo precipitoso.
I tedeschi dovevano quindi attendersi l’attacco principale su Bologna. Il pericolo non era tanto che essi riuscissero a contenere su brevissima profondità lo strapotere dei mezzi avversari, quanto quello che si proponessero di paralizzarlo con una audace «botta in tempo». Se si fossero risolti a vibrarla tutte le circostanze convergevano a immaginare che l’avrebbero tentata nel settore del «Legnano» per penetrare e poi minacciare di fianco lo schieramento offensivo. Infatti:
– questo settore era il più a portata di tale schieramento;
– copriva masse imponenti di artiglierie e di materiali ed una efficiente rete di comunicazioni trasversali;
– era delicato per il fatto stesso di costituire sutura tra due Armate alleate ed invitante pei riflessi psicologici di un possibile travolgimento «dei fedifraghi» italiani;
– era facilmente avvolgibile col fuoco per il suo andamento a saliente;
– era favorevole per le sue caratteristiche di media montagna poco idonee a valorizzare la superiorità americana di mezzi corazzati.
In effetto i tedeschi non tentarono la «botta in tempo». Forse la loro situazione materiale era più compromessa di quanto si poteva credere; forse lo scoraggiamento si era già impadronito di loro, per quanto tracotanti potessero ancora apparire. Comunque rinunciarono a ciò che la convenienza teorica, il loro naturale temperamento e soprattutto
la lettera e lo spirito di una dottrina tattica a cui dovevano tanti successi, faceva logicamente prevedere.
Ma la previsione doveva essere presa nella più seria considerazione. La succinta relazione ufficiale della V Armata, pubblicata or non è molto con il titolo «19 days from the Appennines to the Alps» definisce il gruppo «Legnano» «linking up», le due armate. «Link», in inglese, significa anello di una catena, sicchè l’espressione potrebbe essere letteralmente tradotta «Incatenante le due Armate»; due Armate, si badi bene, che dovevano inizialmente ruotare intorno a questo anello come attorno al perno le stecche di un ventaglio.
Il messaggio del Comandante del II Corpo d’Armata Americano, dice testualmente «penso di affidarvi a very imporiant sector».
Ma soprattutto nella riunione dei Comandanti che precedette la battaglia nella sede del II° Corpo d’Armata, l’eventualità di un contrattacco tedesco con asse la Valle Idice venne dettagliatamente esaminata.
Si espresse fiducia nella saldezza delle truppe in posto, d’altronde direttamente rinforzate con mezzi americani, misure di fuoco e di movimento furono previste per dare loro man forte se sottoposte a una pressione preponderante.
Ma agli Italiani importava di essere all’altezza della situazione, di non lasciarsi essi medesimi travolgere, comunque le cose potessero andare in appresso, per debito di fierezza militare e nazionale.
Il gruppo «Legnano» sentiva fortemente, nella congiuntura, la responsabilità del compito che gli era stato affidato.
La difensiva
I – Il terreno nel settore del Gruppo di Combattimento «Legnano» – collinoso in rapporto all’altitudine – presenta in modo singolare le caratteristiche morlologiche della media montagna per la ripidità dei declivi, la profonda incisione delle valli, l’assottigliamento delle creste, la rovina dei calanchi, la presenza di intrusi topografici in roccia viva o pareti verticali.
II – La linea ha uno sviluppo di 12 Km.; 7 nel settore del 68° Rgt. Ftr. e 5 in quello del Reggimento Fanteria Speciale. Passa per C.Volpiere – Casetta di Vignale – q.314 di C. Colombara Pizzano – Orbega – C.Zanarello – Cà di Bazzone – Vivaio – C.Collina Poggio – C.Pietrafitta – q.400 – Vigna.
In rapporto ali’ampiezza del settore ed alla dosatura delle forze (quattro battaglioni in 1° scaglione) l’organizzazione della difesa è tipicamente nucleare, con ampi intervalli resi insidiosi dalla profonda incisione degli impluvi.
Dallo schieramento e distribuzione delle truppe sul terreno non risultano evidenti le due fascie ben distinte, ciascuna con compiti suoi propri che la nostra dottrina nomina zona di sicurezza e posizione di resistenza e la dottrina inglese zona degli avamposti (outposts line) e zona difesa principale (main defended area). Lo schieramento delle truppe si identifica probabilmente con le estreme posizioni raggiunte nel corso dell’offensiva alleata, chiusasi ali’inizio dell’inverno 44-45. Dette posizioni si erano potute mantenere forse senza gravi difficoltà durante il periodo invernale per scarsa attività svolta dal nemico a causa delle abbondanti nevicate. Ma all’inizio della primavera la situazione è mutata e lo schieramento non è il più idoneo a sostenere un urto potente e deciso da parte tedesca con scopi di contromanovra strategica.
Nel settore a est dell’Idice (settore del 68° Rgt. Ftr.) sarebbe tecnicamente vantaggioso concentrare ogni sforzo per la conservazione ad oltranza delle posizioni chiave, rinunciando ad una occupazione permanente dei posti avanzati di:
– Casetta di Vignale;
– Casa colombara;
– Orbega.
Si tratta di posizioni dominate in modo schiacciante alla vista e al tiro, che nel corso di qualsiasi combattimento sarebbe molto difficile rifornire e sostenere e che soprattutto ostacolano lo sviluppo dei più efficaci fuochi difensivi di artiglieria. Nel caso di un vero e proprio attacco a fondo da parte del nemico, il loro presidio risulterebbe inesorabilmente sacrificato; si tratta di forze che tempestivamente recuperate si potrebbero invece utilizzare con maggior rendimento a prohtto della posizione di resistenza.
Questa viene definita nella zona il cui margine anteriore (linea di resistenza) passa per C.Zanarello – C.dei Cusi – q.571 – C.Mialone – C.Pra – C.Castelvecchio – q.480, con due posti scoglio avanzati aventi compito di resistenza ad oltranza, ciascuno della forza di una compagnia:
– q.532 e dipendenze di C. Volpiere;
– M.Fano e dipendenze di C. Casara.
Per quanto riguarda il settore di Val d’ Idice e sinistra Idice (settore del reggimento fanteria speciale) si realizzano forse più gravemente le medesime condizioni di soggezione alla vista ed al tiro nemico di alcune posizioni avanzate.
Tra queste spicca per particolare delicatezza la posizione de «L’Aquila» di C.Razzone, nettamente dominata dalla posizione nemica di q. 160. E appunto per esaminare la possibilità di strappare al nemico il possesso di quella quota che alla testa di una pattuglia di ricognizione cade il 25 marzo l’eroico comandante del battaglione «L’Aquila», Maggiore Augusto DE COBELLI.
In ogni modo considerazioni di ascendente morale e di segretezza circa le nostre intenzioni sconsigliano ormai un arretramento delle posizioni avanzate. E queste vengono, malgrado il rischio e il disagio, mantenute con grave logorio fÌsico e nervoso dei distaccamenti ai quali sono affidate.