Storia dell’87° Rgt. Fanteria FRIULI
Dal volume: 87° Fanteria FRIULI : Storia del Reggimento, Istituto Italiano D’Arti Grafiche, Bergamo per gentile concessione Biblioteca Lorenzo Lodi Public History
LE ORIGINI E LE CAMPAGNE COLONIALI
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
GLI AVVENIMENTI DELL’8 SETTEMBRE 1943 E I SUCCESSIVI COMBATTIMENTI CONTRO LE TRUPPE TEDESCHE IN CORSICA
VALLE DEL GOLO – 12 settembre 1943. Il nemico ha invano tentato di forzare la resistenza del II Battaglione del Reggimento. Visti inutili i suoi tentativi lancia nella lotta i grossi carri armati del tipo «Pantera». Un sottufficiale della Batteria di Accompagnamento col suo pezzo da 65/17 costituisce la difesa controcarro dell’intero settore. Non ha munizioni perforanti. Con indomita volontà inchioda al fuoco i serventi e solo quando la distanza è talmente ravvicinata che il fragore dei cingoli e l’urlo dei motori sovrasta il rumore della battaglia ordina di aprire il fuoco nel vano tentativo di fermare quelle masse di acciaio che avanzano inesorabili.
ALTURE DI FURlANI. Nella chiara mattina del 13 settembre 1943, rotta dagli ultimi fragori delle contrapposte artiglierie che per la intera notte hanno svolto un ininterrotto duello, avanza il plotone esploratori del III battaglione del Reggimento. Le pattuglie nemiche colte di sorpresa sono decimate e travolte e il primo impeto porta gli esploratori ad occupare la posizione tedesca del Tentoraio impadronendosi di una batteria nemica da 88 m/m. I pezzi sono conquistati, le centrali di tiro ed i congegni di puntamento distrutti. Solo l’aviazione nemica che incontrastata li fulmina a volo radente, e l’avanzare dei carri armati lanciati al contrattacco ha ragione dell’impeto di quei valorosi. A nulla vale l’eroico intervento del IV Gruppo del 35° Reggimento Artiglieria «Friuli», che portatosi con una batteria sulla linea dei fanti scrive pagine di indicibile eroismo.
COLLE DI S. ANDREA. Il combattimento iniziatosi ali’alba del giorno 13 settembre 1943 prosegue da molte ore, il I° Battaglione del Reggimento non cede. I tedeschi tentano più volte di forzare la posizione sostenuti da un fuoco di artiglieria e di mortai di intensità e violenza eccezionale. Il plotone mortai del battaglione reagisce imperterrito malgrado l’accanimento nemico. Il giovanissimo ufficiale comandante del plotone dirige il tiro portandosi allo scoperto miracolosamente incolume sotto l’imperversare dei colpi che si abbattono vicino a lui. Il meraviglioso impari duello continua sino a quando una granata nemica investe e fulmina l’ufficiale che cade al suo posto con il binocolo ancora stretto in pugno. Ufficiali tedeschi catturati diranno poi che le perdite inflitte dal tiro di quei quattro mortai erano divenute così gravose da decidere il loro comandante a rinunciare all’attacco. Affluivano nel frattempo altre truppe tedesche dalla Sardegna, un intero corpo con una divisione corazzata. Il porto di Bastia e la stessa città venivano perduti. Le truppe stanche, duramente provate, si ritirarono su posizioni montane precludendo ogni ulteriore movimento del nemico che non tentò neppure di sfruttare i suoi parziali successi, la superiorità numerica e di armamento , perchè aveva vista tramontare ogni speranza di attuare i suoi piani di controllo delle vie di comunicazione e dei porti. Il mese di ottobre vedeva nuovamente i fanti e gli artiglieri della «Friuli» lanciati all’attacco assieme a reparti francesi, riconquistare gli obiettivi perduti gettando a mare’ in una serie di furiosi combattimenti gli ultimi resti delle sconfitte truppe tedesche. 31 caduti – 82 feriti – numerosi dispersi le cui spoglie mortali sono certo nascoste e forse per sempre dalla fitta inesplorata boscaglia, rappresentano il prezzo di quelle giornate che permisero alle truppe alleate di sbarcare senza colpo ferire per intraprendere successivamente in unione ai nostri reparti la totale liberazione dell’Isola.
IL PERIODO DI ATTESA
Un grigiore di stanca e rassegnata sopportazione sembrava pervadere il popolo italiano e soffocare col suo peso anche il recentissimo ricordo di chi aveva ancora voluto combattere per la libertà della Patria.
I fanti del reggimento stretti nei ranghi da quei vincoli che, nati in tempi ormai lontani, erano venuti a rinsaldarsi attraverso le ultime eroiche vicende vivono in laboriosa attesa.
Il sopore generale non’ può avere ‘ragione della fiducia nata nei momenti più tragici e resa più salda dalla certezza di un dovere compiuto con spontaneità e devozione per una causa che solo in tempi migliori tutta la Nazione doveva riconoscere.
Il vitto è scarso, insufficiente, l’equipaggiamento incompleto, il vestiario mal ridotto e non rinnovato, ma lo spirito non piega, sembra che l’animo semplice del soldato intraveda attraverso le misteriose vie del destino un avvenire non lontano in cui la Nazione chiederà per la sua vita nuove lotte, sacrifici ed eroismi.
Si ricompongono i reparti, vengono suddivise le armi, l’addestramento intrapreso con rinnovata lena conserva agile il corpo, allenate le menti e pronti gli animi. Nel nuovo anno sono frequenti le notizie che rianimano la speranza.
L’esercito Italiano sarà ancora chiamato a combattere contro i tedeschi fianco a fianco con le truppe alleate.
La «Friuli» sente che il primo posto dovrà essere suo per il diritto guadagnato sui campi di battaglia in Corsica.
Nel frattempo giunge una urgente richiesta di mano d’opera. Nelle Puglie il grano è maturo e mancano i mietitori, partono così per il continente millecinquecento uomini del Reggimento.
Infine i reparti, ridotti si può dire ai soli quadri si imbarcano a Cagliari sull’incrociatore «Garibaldi». La bella nave italiana solca il mare e il mattino del giorno 13 luglio 1944 il Reggimento con la sua Bandiera in testa sbarca a Napoli e si accampa nella zona di Afragola.
Trascorre ancora un mese in un alternarsi di voci contradditorie, infine giunge la notizia tanto attesa.
La Divisione «Friuli» verrà chiamata a costituire il primo Gruppo di Combattimento Italiano.
II premio è alfine venuto e le speranze non sono state deluse.
IL PERIODO DELLA PREPARAZIONE
Trasferitosi il reggimento nella zona di S. Giorgio del Sannio – Calvi di S. Giorgio – ebbe subito inizio il lavoro di preparazione.
II 10 settembre giunge completo nei suoi ranghi un battaglione granatieri di Sardegna. Sono veterani provenienti dal disciolto raggruppamento granatieri che in Corsica nell’ormai lontano settembre 1943 ha combattuto contro le truppe tedesche.
A nessuno poteva sfuggire il profondo significato morale di questa unione non solo simbolica ma effettiva e reale da cui dovevano poi risultare proficui successi.
Le deficienze degli organici furono rapidamente colmate con il forte afflusso di volontari giovanissimi veterani del corpo di liberazione partigiani, che, amalgamati agli anziani del Reggimento, si fusero in un blocco unico spinti da un comune ideale.
La formazione organica del Reggimento fu assimilata e adattata a quella delle brigate inglesi di fanteria Ìeggiera delle quali fu anche assunta la specie ed il tipo di armamento ed equipaggiamento.
Il 18 settembre 1944 la Divisione si trasforma in «primo Gruppo di Combattimento Italiano» e i suoi componenti porteranno il distintivo tricolore con la torre del Castello di Udine al centro.
Verso la fine di settembre ebbe inizio l’addestramento tattico sotto la guida di nostri istruttori, usciti dalle scuole di Benevento e Cesano e con la collaborazione degli ufficiali inglesi di collegamento.
Solo chi ha vissuto quelle giornate di dura estenuante fatica può rendersi conto dello sforzo compiuto in cosÌ breve tempo e rendere omaggio a quegli umili soldati che nel rigore della stagione inclemente ancora vestiti di laceri indumenti, quasi sprovvisti di calzature, si addestravano al combattimento senza una rimostranza, con una volontà sovrumana di far presto perchè il grido di passione dei fratelli da liberare non rimanesse senza ascolto.
Equipaggiato, rifornito di vestiario alleato, armato modernamente l’87° Reggimento Fanteria si sposta infine nella zona di Castellina in Chianti dove venne completato l’addestramento.
LA CAMPAGNA DI LIBERAZIONEı IL FRONTE DEL SENIO
La radunata fu condotta a termine nella zona di Forlì – alla fine di gennaio – e il 7 febbraio 1945 l’87° Fanteria entrava in linea sul fronte del Senio sostituendo il reggimento Wilno della Divisione Polacca Kressowa.
Il settore affidato ai due battaglioni di primo scaglione (l e III) con il concorso della Compagnia Cannoni e Mortai reggimentali presenta in alcuni tratti caratteristiche montane per l’asperità delle forme rivestite da neve e da gelo, altrove invece discendendo verso il fiume pianeggiava dolcemente, intricato però da strade, valloncelli e fitta vegetazione.
Il terreno uniformemente a fondo argilloso, allo scomparire del gelo, si trasformava in una estensione di fango vischioso molto profondo che rendeva malagevole il movimento degli uomini, degli animali e dei mezzi.
La organizzazione difensiva – data l’estensione del settore – era basata su capisaldi largamente intervallati e per lo più appoggiati alle abitazioni semi dirute e assai frequenti in quella zona. Negli intervalli estesi e numerosi campi minati.
In questo difficile terreno e in condizione di clima veramente disagiato, i reparti del Reggimento iniziarono il loro noviziato di guerra.
Era di fronte un nemico rotto a tutte le astuzie e profondo conoscitore – per la ormai lunga permanenza – di tutta la zona.
L’attività bellica – quasi essenzialmente notturna – era costituita da una ininterrotta azione di pattuglie di agguati, di colpi di mano, in cui, oltre alla presenza del nemico e alle difficoltà del terreno, si opponevano le sorprese dei campi minati che le opposte forze disseminavano sugli itinerari, lungo le sponde del fiume, nei pressi delle abitazioni abbandonate, sotto forma di trappole mortali.
Di giorno la vita trascorreva nelle buche fangose sotto le volte rinforzate delle case, spesso sotto il tiro delle artiglierie e dei mortai.
L’87° Fanteria tenne il suo settore dal 7 febbraio al 10 aprile quasi ininterrottamente, alternandosi in brevi periodi di riposo, quando la situazione lo consentiva, con i battaglioni dell’88° Fanteria.
Qualche episodio – tratto dagli innumerevoli di ogni giorno – varrà ad illustrare questo duro periodo di guerra di posizione, segnato dal sangue dei caduti, costruito con il coraggio e l’abnegazione dei fanti e degli artiglieri che, spinti sugli osservatori più avanzati in una gara generosa di eroismo, non fecero mai mancare il loro prezioso appoggio.
I bollettini di guerra recavano: «Sul fronte del Senio vivace attività di pattuglie». In queste poche parole venivano compendiati gli sforzi, le notti insonni, la volontà che faceva superare ogni ostacolo, tutta la ininterrotta opera che agganciando il nemico, ne superava la volontà fino a togliergli l’iniziativa, di cui faceva sfoggio nei primi giorni legandolo ad una difesa passiva quasi sentisse che non era lontano il giorno in cui le sue armi, le sue profonde e innumerevoli trincee, non avrebbero più retto all’impeto delle truppe italiane.
All’alba del 15 febbraio il caposaldo di Barbanfusa, tenuto da un plotone dell’11^ Compagnia del III Battaglione Granatieri, viene attaccato dal nemico in forze notevoli (circa 100 uomini) sostenuto da numerose mitragliatrici e col favore della nebbia. Forte dalla sorpresa, era certo di sopraffare il piccolo presidio composto di elementi quasi tutti nuovi alle azioni di guerra.
La reazione effettuata alle brevi distanze, con calma di veterani, l’intervento delle artiglierie e dei mortai, stroncarono l’attacco e l’avversario ripiegò trasportando a braccia i propri morti e i feriti.
La replica da parte dei nostri fu immediata. Due notti dopo una pattuglia di combattimento composta di un ufficiale e 15 granatieri si spinse dentro le linee nemiche compiendo un lungo percorso tra campi minati pressochè sconosciuti. Raggiunte e superate le difese nemiche di prima linea e venuta a contatto con un presidio sistemato in una casa, lo attaccava decisamente uccidendo molti dei difensori rientrando poi ad azione ultimata, portando in salvo tutti gli uomini fra cui due feriti compreso l’ufficiale.
Sul fronte del II Battaglione le posizioni avanzate di Casa il Prato e Casa Serotina, molto prossime al Senio e quindi a strettissimo contatto col nemico, costituivano basi di partenza per pattuglie, ostacolavano le azioni del nemico e consentivano di controllarne il movimento.
In conseguenza l’avversario tenta a più riprese di attaccarle di sorpresa con forze notevoli e di annientarne i presidi.
Il 21 e 27 febbraio, con azione di particolare intensità e forza, il nemico cerca disperatamente di occupare le contese posizioni tenute dalla 5^ e 7^ Compagnia, ma nè il numero nè la sorpresa hanno ragione dei difensori che reagiscono ricacciando il nemico e infliggendogli perdite di uomini e materiali fino a farlo desistere dal proseguire in tale tentativo.
Il 24 febbraio il Senio viene oltrepassato da una piccola pattuglia di ricognizione, del II Battaglione, che si spinge fino all’abitato di Rivola bene addentro alle difese nemiche, riportando preziose informazioni.
La notte sul 6 marzo, dopo un violento concentramento di artiglieria sul settore di sinistra del I Battaglione, seguito da un attacco diversivo contro il nostro caposaldo avanzato di q.92, tenuto dalla 1^ Compagnia, il nemico attacca in forze e senza preparazione di artiglieria, cercando di sfruttare la sorpresa, le posizioni di destra del I Battaglione – Rio Manzolo-Casa Fornace – tenute dalla 3^ Compagnia. Un successo in questa azione, avrebbe condotto i tedeschi alla conseguente conquista del caposaldo maggiore di Villa Zacchia.
Il nemico, avvistato e seguìto durante l’avvicinamento, con calma e freddezza di vecchi soldati fu lasciato giungere, senza reazione, alle minime distanze per agganciarlo e obbligarlo alla lotta ravvicinata. Solo quando lo slancio degli assalitori preceduti da pionieri d’assalto, portò questi a poche diecine di metri dalle postazioni, le armi della difesa entrarono simultaneamente e improvvisamente in azione stroncando di colpo l’attacco e volgendo in fuga il nemico. Pochi caduti, tra i quali il comandante tedesco dettero quella sera una non esatta misura delle perdite inflitte all’avversario. Ma sulla scorta di documenti catturati sappiamo ora, per riconoscimento dello stesso nemico, quale grave scossa ebbe la sua tracotanza e in quale considerazione tenne, dopo questo episodio, il valore combattivo dei nostri reparti. La perdita di circa 40 uomini tra morti e feriti lo obbligarono a desistere, per molti giorni, da ogni ulteriore tentativo di azione offensiva.
La relativa calma sopravvenuta per qualche tempo permise una anche più intensa attività di pattuglie di ricognizione e di pionieri per il riconoscimento di guadi e campi minati, onde impedire al nemico di oltrepassare il fiume e di servirsi delle poche case site sulla riva orientale di esso e, infine, per saggiare l’entità delle sue difese più vicine al Senio, già in parte note attraverso l’osservazione aerea.
Ma l’episodio chè fra tanti raggiunse le più alte vette dell’eroismo riallacciandosi alle pagine più gloriose scritte dal soldato italiano, è – quello che da tutti i fanti del «Friuli» è conosciuto col nome di «q.92».
La notte del 14 marzo, mentre era in atto il cambio tra un plotone del I/87° e uno del I°/88 al presidio di «q.92». il nemico, con una “sorpresa non forse incidentale e dopo una intensa preparazione di artiglieria e mortai, portava un attacco con forze tratte dai migliori elementi della divisione paracadutisti.
Giunto sulla posizione nel momento di crisi della sostituzione in linea, ottenne il risultato, quasi immediato, di conquistare una o due postazioni esterne e di consentire così agli attaccanti di portarsi a ridosso del fabbricato presidiato dalla nostra truppa.
L’ufficiale comandante benchè ferito al braccio e alla spalla da “Schegge di mortaio, asserragliatosi nella casa con altri pochi militari quasi tutti feriti, mentre all’esterno cadevano ad una ad una sopraffatte le postazioni, continuava a combattere e ad incitare i suoi uomini che, esaltati dall’esempio del suo eroismo, persistevano nell’impari lotta per oltre sei ore; tre volte venivano respinte con sprezzanti parole di scherno le profferte di resa, finchè il nemico impotente a superare tale eroica resistenza, faceva crollare, minandola, la casa seppellendo sotto le sue macerie gli eroici difensori. Il giorno seguente, con un deciso contrattacco portato da reparti dell’88° Fanteria, la posizione venne riconquistata ed il nemico pagò con la perdita di 27 morti e 14 prigionieri il breve successo già sanguinosamente colto la notte precedente.
Fu questo il suo ultimo tentativo di ottenere, anche a prezzo di gravi perdite, un successo sia pure di carattere locale sul fronte tenuto dalle truppe italiane. Tranne che con qualche azione di pattuglia prontamente respinta, la sua attività nelle nostre linee fu ben limitata e aumentata invece in conseguenza l’offesa a distanza portata con nutrite azioni di artiglierie e mortai.
Da parte nostra invece, avvicinandosi con la primavera la ripresa dell’attività offensiva su larga scala, divenne indispensabile togliere al nemico la possibilità di attaccarsi, sia pure con pochi capisaldi proiettati in avanti, sulla riva meridionale del Senioi tutti i loro importanti caposaldi a sud della linea del Senio. A questo scopo il Reggimento condusse una serie di offensive di carattere locale che costrinsero il pur agguerrito e tenace avversario a ritirarsi sulla sponda opposta del fiume togliendogli quegli appigli tattici che fino allora avevano costituito per esso le basi di partenza per le azioni di pattuglia ed offensive condotte contro i nostri capisaldi.
Questa attività operativa, che rientrava nell’ambito dei piani strategici dell’Armata, venne studiata, preparata e diretta nei più minuti particolari. Stava iniziandosi con “essa una nuova e più ardua fase” nella quale si dovevano raccogliere i frutti di lunghe settimane di preparazione, del paziente e pericoloso lavoro di centinaia di pattuglie, di un comportamento energicamente combattivo che aveva imposto rispetto al nemico ed aveva in breve tempo trasformato il reggimento in un corpo di esperti combattenti.
Il compito di togliere all’avversario le residue posizioni sulla sponda meridionale del Senio, fu affidata al III Battaglione Granatieri. La notte sul 24 marzo le località di q.112 – Salvarelle – Chiesuola – Cardello – q.97 e Villa Margherita, erano raggiunte e conquistate; maggiori resistenze furono incontrate nel gruppo di case coloniche note come q.106, munitissimo caposaldo nemico, che obbligò i valorosi granatieri a due giorni di duri combattimenti.
LA OFFENSIVA DELLA PRIMAVERA 1945
Le premesse tattiche e morali per una azione offensiva a vasto respiro che consentisse di forzare la linea del Senio – ove le truppe alleate sostavano sin dal dicembre 1944 – erano ormai in atto.
Le scelte truppe tedesche venute di fronte al Gruppo Friuli nel corso della stagione invernale con intenzioni spiccatamente aggressive non avevano potuto fare un passo avanti ed erano, anzi, state costrette a cedere quasi tutti i loro importanti caposaldi a sud della linea del Senio.
Dall’Italia occupata, assieme al grido di dolore degli oppressi, giungeva il fremito delle schiere partigiane pronte alla grande insurrezione armata.
Era giunta l’ora che il nemico venisse travolto oltre i fiumi e dai baluardi rocciosi sino ai confini della Patria così come già ventisette anni or sono dalla linea del Grappa e del Piave.
Il Gruppo «Friuli» per la prova di alta fiducia che si era guadagnato presso i comandi alleati ebbe l’onore di rompere l’attesa scattando contro il nemico secolare della nazione Italiana.
Al reggimento fu affidato il compito di costituire una testa di ponte fra gli abitati di Riolo Bagni e Cuffiano posti oltre il Senio. Il settore di attacco fu affidato al II/87° e al II/88° entrambi agli ordini del Colonnello Comandante dell’87° Reggimento Fanteria. Gli altri battaglioni del Gruppo dovevano concorrere con azioni dimostrative concomitanti e dove possibile con appoggio di fuoco.
L’azione fu iniziata alle ore 03,45 del giorno 10 aprile preceduta da una intensa preparazione di artiglieria. All’ora stabilita – mentre il tiro si spostava dalle posizioni nemiche di secondo piano – i fanti scattavano all’attacco superando il fiume e occupando le prime posizioni tedesche sulla sponda settentrionale del Senio.
Il nemico reagì prontamente col fuoco delle sue armi automatiche, dei mortai e delle artiglierie dimostrando quale accurata organizzazione avesse creato per cercare di stroncare la offensiva che ormai attendeva di giorno in giorno.
Non ostante le perdite, la presenza di campi minati – la cui ubicazione non era certa – le due compagnie proseguivano la loro azione occupando le pendici del munito caposaldo di Case Guarè e Punta (6^ Compagnia) e spingendosi arditamente verso il paese di Cuffiano (5^ Compagnia). Nel frattempo la reazione nemica si faceva sempre più intensa ed aggiustata e i vuoti creati nelle file degli attaccanti erano numerosi, elevatissimo il numero degli ufficiali feriti.
Il nemico contrattacca, riprende talune posizioni, altre resistono senza cedere di un palmo. I due plotoni avanzati della 5^ Compagnia superando le ostinate resistenze e pagando con generose perdite di forzamento di un esteso campo minato, giungono di forza alle prime case di Cuffiano, le occupano e asserragliati in quelle abitazioni, con il loro comandante di compagnia, rimasti isolati dai rimanenti reparti del battaglione, resisteranno agli assalti ripetuti, ai bombardamenti, alle azioni ravvicinate dei grossi lanciabombe per l’intero giorno e la notte successiva sino al mattino del giorno 11 quando alle prime luci escono dalle case, iniziano il rastrellamento del paese che verrà poi consegnato alla Brigata Ebraica, che, incaricata di agire sulla destra del nostro schieramento, comprendeva fra i suoi obiettivi anche l’abitato di Cuffiano.
Nel frattempo la 6^ Compagnia, logora ormai per le numerose perdite che l’avevano privata anche del comandante. resiste sempre sulle posizioni occupate. La compagnia di rincalzo riceve l’ordine di organizzarsi – aveva già subite perdite per azioni di bombardamento nemico – e di attaccare con i superstiti della 6^ Compagnia le posizioni di Guarè e Punta.
Alle ore 14.15 viene ripreso l’attacco. Prima ancora che le truppe si muovessero, i mortai e le artiglierie nemiche iniziavano un tiro di estrema violenza sulle basi di partenza, tiro che per tutta la durata dell’attacco seguì come una inesorabile cortina i reparti attaccanti.
Questa azione di artiglieria e mortai superò per intensità ed aggiustatezza ogni altra sino allora effettuata dai tedeschi.
Le pattuglie che malgrado l’intenso fuoco riuscirono a giungere sino al munito costone difensivo, che univa le posizioni di Guarè e Punta, furono alla loro volta fermate dal tiro delle armi automatiche dei difensori.
Attestatisi saldamente a difesa sulla testa di ponte così valorosamente costituita i nostri reparti provvidero allora a consolidarsi sulle posizioni raggiunte.
L’INSEGUIMENTO E LA LIBERAZIONE DI BOLOGNA
Il nemico in parte sganciatosi durante la notte dell’11 iniziava il ripiegamento verso nord abbandonando per sempre il teatro di combattimento e cercando di interporre una certa distanza con il suo accanito avversario a mezzo di forti pattuglie di retroguardia e con il concorso di un eccezionale tiro di artiglierie di medio e grosso calibro sulle nostre posizioni e su tutte le vie di comunicazione.
II pomeriggio del giorno 11 pattuglie del Btg. Granatieri entravano nell’abitato di Riolo Bagni e contemporaneamente la 3^ Compagnia, malgrado la reazione delle retroguardie nemiche particolarmente intensa con tiri di mortai, occupava le alture di M.Scastello affacciandosi alla piana di Imola.
La testa di ponte profonda, ampia, era saldamente nelle nostre mani da Riolo Bagni a M. Scastello e Cuffiano.
E necessario ora raggiungere il nemico, agganciarlo e batterlo definitivamente senza dargli tempo di superare la linea del Po e organizzare una ulteriore resistenza.
I fanti del «Friuli» duramente provati per le severe perdite subite sono sfiniti da lungo tempo non conoscono riposo ma sentono che è necessario raccogliere ancora una volta le loro forze con un atto di suprema volontà.
Nella grande battaglia finale non possono mancare a fianco delle truppe alleate i soldati italiani. Le popolazioni sino a ieri oppresse vedranno giungere assieme, ai liberatori i loro fratelli con il tricolore al braccio e l’azzurra torre del «Friuli»,
Ebbe inizio così l’inseguimento senza sosta del nemico nella zona immediatamente a sud della via Emilia, per un terreno pianeggiante o lievemente collinare, metodicamente minato con ponti e strade pressochè sempre interrotti.
Il 15 aprile venivano superati di slancio i torrenti Sabbioso – Rio Rosso – Sillaro: raggiunto il nemico e riagganciatolo, per due giorni tenaci combattimenti si svolsero attorno a Castel S. Pietro dell’Emilia ove, la mattina del 17 aprile, entravano i fanti del I° Battaglione dell’87° Fanteria a fianco dei polacchi della divisione Carpatica.
Superata la resistenza di Castel S. Pietro e il torrente Magione, un’altra tenace resistenza ad opera di pattuglie nemiche di copertura, di forte entità e strenuamente votate all’estremo sacrificio, fu stroncata sulle rive del torrente Gajana. Nel pomeriggio del 20 aprile il I° Battaglione, scavalcato il III duramente provato, si attestava sull’ldice ultima difesa di Bologna, antemurale della città il cui possesso decideva la sorte dell’esercito tedesco in Italia. Quest’ultimo sforzo chiesto alle truppe che da dieci giorni inseguivano senza sosta il nemico, fu coronato dal successo.
All’alba del 21 aprile dalle posizioni avanzate si sentiva il volo della vittoria davanti alle truppe in marcia. La precoce primavera infiorava la terra devastata e momentaneamente deserta sulla quale il nemico si ritirava; la vita pareva sospesa nell’attimo della liberazione. Di tanto in tanto il caratteristico rumore delle armi automatiche rompeva l’aria e sovrastava il lontano rombo dei cingoli di un esercito motorizzato in marcia sulla via Emilia. Tutti capivano, quasi senza rendersene conto, che al di là dell’ldice vi era più che una città illustre e cara, poichè all’ombra delle torri di Bologna attendeva una pace vittoriosa.
In quelle ore epiche per la storia di un reggimento il primo battaglione dell’87° costituiva, nonostante l’accanita resistenza, una testa di ponte sull’ldice e superati e distrutti i nidi di armi automatiche nemiche in agguato e l’insidia dei campi minati, marciò su Bologna.
Nel piano complessivo del movimento offensivo per la liberazione della città, il forzamento dell’ Idice e la creazione di una testa di ponte al di là di questo fiume ebbero importanza decisiva. II nemico minacciato già sul fiume Savena, cioè nei sobborghi della città, alle 6 del mattino rinunciò ad ogni resistenza organizzata e la città fu aperta alle truppe liberatrici.
Primo fra tutte le truppe italiane in azione su questo settore il I Battaglione dell’87° Fanteria, entrava in Bologna con il comandante di Reggimento gen. Arturo Scattini.
Di questa importantissima operazione furono ampiamente riconosciuti i meriti da parte degli stessi comunicati speciali dell’Armata. Ma più che la notorietà del bollettino, il fante dell’87° raccolse nel suo cuore quel giorno la commossa fraterna riconoscenza della popolazione di Bologna. Erano queste le prime truppe italiane che entravano in una grande città liberata; l’emozione di tutti quanti si stringevano quasi increduli intorno alle compagnie del I° Battaglione che compatto marciava verso il centro della città, fu il premio più bello e più agognato; il popolo di Bologna compensò con l’apoteosi del trionfo le innumerevoli notti trascorse nelle trincee fangose, quando si spiava al di là del Senio la terra italiana ancora calpestata dall’invasore.
Subito dopo la liberazione di Bologna il reggimento andò a riposo e nella zona di riordinamento accolse la notizia della fine vittoriosa della guerra in Italia, con l’orgoglio di avere partecipato alla liberazioneı di essa e di aver decisamente contribuito alla rinascita dell’esercito italiano.
Pace e sosta ma non fine di questa opera di ricostruzione. Occorre difenderla adesso e conservare con il prestigio la gloria, conquistata a prezzo di tante vite umane.
Dinanzi al giudizio della storia, superata una crisi assai grave, le Forze Armate Italiane hanno saputo e voluto rinascere, prendere i loro posti di combattimento, contribuire in maniera rilevante alla liberazione del loro Paese, dando al popolo italiano il diritto di essere libero e rispettato dal mondo. Le perdite dell’87° Reggimento Fanteria nelle operazioni belliche per la Guerra di Liberazione sul fronte italiano furono:
– morti n. 109 di cui n.7 ufficiali; feriti n.297 di cui n.23 ufficiali; dispersi n.7.