Regia Marina 1943-1945

L’obbedienza delle forze navali e dei marinai, subito dopo la dichiarazione dell’ Armistizio, dette inizio alla Guerra di Liberazione; il contributo delle nostre navi appariva indispensabile agli anglo-americani i quali, dal comportamento della flotta italiana, facevano dipendere la possibilità di lasciare aperta all’Italia la strada della ricostruzione.
La necessità di obbedire fu compresa dagli Stati Maggiori e dagli equipaggi; la vita degli uomini di mare, caratterizzata dall’intima convivenza, crea forti vincoli di solidarietà e la fortissima disciplina è più sostanziale che formale.
Questo soprattutto è il motivo spirituale della obbedienza compatta di cui i nostri marinai dettero prova nelle vicende che seguirono all’armistizio; come è innegabile che essa abbia contribuito a trasformare rapidamente in cooperante fiducia l’iniziale diffidenza alleata. L’atto di disciplina che portò alla leale applicazione delle clausole armistiziali ebbe come conseguenza la perdita di diverse navi compresa la corazzata “Roma”, affondata, durante il trasferimento da La Spezia al Sud, da aerei tedeschi che impiegarono un nuovo tipo di bomba. Perse la vita anche l’Ammiraglio Comandante le Forze Navali, Bergamini.
Combattendo contro i tedeschi, la Marina perse altre navi: la corvetta “Berenice” affondata a Trieste ed il posamine “Pelagosa”, a Genova, dal fuoco delle batterie tedesche; i cacciatorpediniere “Da Noli” e “Vivaldi”, su mine e dal fuoco di batterie costiere, fra Corsica e Sardegna.
In uno scontro fra le VAS “234” e “235” e motosiluranti germaniche cadde l’Ammiraglio Federico Martinengo. A Bastia, il 19 settembre, l’avviso scorta “Aliseo” e la corvetta “Cormorano” affondarono sette unità tedesche.
Il giorno dopo, nel canale di Piombino, le corvette “Folaga”, “Ape” e “Cormorano” attaccarono 5 moto zattere tedesche affondandone una e costringendo le altre ad incagliarsi. Il cacciatorpediniere “Quintino Sella” fu affondato, davanti a Venezia, silurato da una motosilurante; la torpediniera “T8” a Ragusa, l’11 settembre, fu affondata da bombardieri.
Anche nelle basi si accendeva la lotta contro il nuovo nemico.
Alla Maddalena trovava la morte, alla testa di un gruppo di marinai e di soldati, il Capitano
di Vascello Carlo Avegno; a Castellammare di Stabia, il Capitano di Corvetta Domenico Baffigo, respinti i tentativi tedeschi d’impossessarsi del Cantiere e della Corderia, l’11 settembre andava a parlamentare, scomparendo senza lasciare traccia, vittima di un nemico spesso ingeneroso.
A Cattaro l’impari lotta durò due giorni e si concluse con perdite da ambo le parti.
Non meno importante l’episodio di Piombino dove il Comandante del Comando Marina, Capitano di Fregata Amedeo Capuano, ordinò alle batterie di sparare sui tedeschi che tentavano d’impadronirsi del porto affondando 2 torpediniere, 4 motozattere ed un piroscafo germanico.
A Portoferraio, la resistenza si protrasse per vari giorni e fu stroncata solo dai pesanti bombardamenti che mieterono più di cento vittime fra la popolazione civile.
A Cefalonia, il Capitano di Fregata Mario Mastrangelo, sgombrato il nostro naviglio, combattè con i propri uomini a fianco dell’Esercito venendo fucilato assieme a 20 ufficiali e 29 Sottufficiali e marinai quando l’isola, il 22 settembre cadde.
A Rodi la resistenza durò fino al giorno 11; ma a Lero, sotto la guida dell’ Ammiraglio Mascherpa, si protrasse per 50 giorni.

Subito dopo la presentazione a Malta della flotta, iniziava la cooperazione delle navi italiane con quelle alleate. Su richiesta dell’Ammiraglio inglese Cunningham, Comandante in Capo nel Mediterraneo, l’Ammiraglio Albero Da Zara inviava i cacciatorpediniere “Legionario” e “Oriani” ad Ajaccio per trasportare armi e munizioni alle truppe italiane che combattevano per impedire ai tedeschi di impossessarsi dell’isola.
Nel settore dell’ Adriatico e dello Jonio le nostre unità si impegnavano nella azione di salvataggio dei reparti italiani di stanza in Jugoslavia, in Albania e in Grecia.
L’Ammiraglio Cunningham propose, il 23 settembre, un accordo per la piena partecipazione della Marina Italiana nella lotta contro il comune nemico, precedendo di circa un mese la cobelligeranza vera e propria.
A seguito di tale accordo, due incrociatori vennero inviati in Atlantico per la ricerca. delle navi corsare nemiche; alcuni sommergibili furono inviati in Levante, altri alle Bermude, per addestrarsi sulle navi alleate;
una squadriglia di Mas e motosiluranti fu spostata a Termoli e le unità furono impiegate in “missioni speciali” sulle coste controllate dal nemico, per sbarco di materiali destinati ai patrioti, recupero di militari sbandati in Balcania, rilievi idrografici, recupero di militari ed informatori, preparazione di sbarchi alleati: in tutto 265 missioni tra il versante adriatico e quello tirrenico.
I nostri mezzi d’assalto effettuarono alcune azioni di cui, particolarmente importante, fu quella contro la portaerei “Aquila” in allestimento nel porto di Genova.
Un vigoroso contributo alla Guerra di Liberazione venne dato anche dalla partecipazione del Reggimento San Marco che, inquadrato prima nel Corpo Italiano di Liberazione e poi nel gruppo di combattimento “Folgore”, combatté prima nel settore di Cassino, e poi lungo l’Adriatico e l’Appennino sino alla liberazione di Bologna. Un suo speciale reparto di nuotatori-paracadutisti, specializzati in azioni di sabotaggio e di sorpresa, combatté con i reparti alleati in una serie di arditissime operazioni dietro le linee, alla destra dell’ 8^ armata britannica verso il mare, meritando di sbarcare il 30 aprile 1945, fra i primi, nella città di Venezia.Gran parte del personale della Marina rimasto in territorio occupato dai tedeschi, si inserì nelle formazioni partigiane.
Subito dopo l’Armistizio, il Fronte Militare Clandestino della Marina iniziava a Roma la propria attività, svolgendo un ampio servizio di informazioni; assistendo il personale della Marina in difficoltà, le persone ricercate dalla polizia nazi-fascista, i prigionieri alleati evasi dai campi di concentramento; costituendo Reparti amati con compiti militari, di sabotaggio, asportazione di materiale nemico, attacchi e combattimenti.
7.500 uomini fra Ufficiali, Sottufficiali e Marinai presero parte alla lotta partigiana: 846 pagarono con la vita la dedizione alla causa della libertà. Se a questi morti si aggiungono coloro che si sacrificarono a terra e a bordo dopo l’ 8 settembre 1943 e fino all’8 maggio 1945, si ha un totale di 4.549 uomini di mare morti per la Patria nel periodo suddetto: 31 Ufficiali e 400 fra Sottufficiali e Marinai. (Amm. Giuliano Manzari)
(Da: Il Secondo Risorgimento d’Italia, anno V, 5-6-7-8, 1995)