Soldati e partigiani uniti nel cammino del riscatto
Riportiamo l’articolo di Arrigo Boldrini, tratto dalla rivista “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, n. 1-2 gennaio-febbraio 1995. Numero speciale dedicato ai Gruppi di combattimento in occasione del cinquantennale della Guerra di Liberazione e di Resistenza. La rivista è consultabile presso la biblioteca “Lorenzo Lodi”.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la dichiarazione di guerra del governo Badoglio (13 ottobre 1943), escludendo dall’esame l’eroico comportamento delle unità militari di Cefalonia, Corfù e la reazione di reparti armati e della popolazione civile come a Porta S. Paolo Roma, Gorizia e Piombino, occorreva, sul piano politico e militare in una situazione che trovò l’Italia del Centro e del Nord in mano ai tedeschi e alla Repubblica Sociale Italiana, affrontare un complesso di problemi di difficile soluzione, con l’obiettivo di collaborare con gli angloamericani non solo per la liberazione del Paese, ma per riconquistare la indipendenza e le libertà fondamentali per uno stato democratico rinnovato e riformato.
Certo non fu facile, anche per disillusioni assai cocenti, vincere la resistenza degli alleati e dare le armi agli italiani per combattere il comune nemico.
Il primo raggruppamento motorizzato italiano, con i suoi effettivi di 5.000 uomini, diventò l’autentico simbolo, non soltanto dei soldati del Sud, ma anche e soprattutto la espressione della ferma volontà di combattere per la nuova causa nazionale.
L’attività operativa di questa unità che si sviluppò dal dicembre 1943 all’aprile 1944 può essere sintetizzata in due nomi: Monte Lungo e Monte Marrone. Il 17 aprile 1944 il raggruppamento assumeva la denominazione di Corpo Italiano di Liberazione (CIL), aumentando i suoi effettivi per impieghi operativi più impegnativi. Il CIL, in quattro mesi di operazioni militari, dopo aver liberato diversi paesi nell’Abruzzo e nelle Marche, terminò il suo ciclo sulla linea del fiume Metauro.
Si deve all’opera degli uomini del I° Raggruppamento e del CIL se gli alleati chiesero nel contempo al governo italiano di approntare 6 Divisioni da impiegare in prima linea, denominate poi Gruppi di Combattimento.
Per ragioni politiche gli alleati, sin dal 31 luglio 1944, avevano imposto che le nostre unità destinate al combattimento perdessero la qualifica di Divisione ed assumessero in sua vece quella di Gruppo di Combattimento.
Era una nuova fase della riscossa proprio perché l’azione e l’impegno delle stesse formazioni partigiane nel Centro e nel Nord avevano già contribuito alla lotta contro i nazifascisti e valutati dagli stessi alleati come una straordinaria componente politica e strategica popolare per la condotta della campagna d’Italia .
Non sempre facili furono i rapporti con i reparti di collegamento (B.L.U.) alleati, considerati le primarie vie di comunicazione fra il Comando italiano e le formazioni superiori e fiancheggiatrici per tutte le questioni riguardanti le unità italiane, nel loro ruolo di parti componenti delle forze alleate.
Alle volte, lo stesso Stato Maggiore dell’Esercito interessò il Ministro della Guerra per informare il nostro Ambasciatore a Londra di questi contrattempi.
Bisogna altresì precisare che questo carattere continuativo e di controllo fu organizzato soprattutto per i Gruppi di Combattimento con ufficiali distaccati proprio per regolare la stessa attività organica, addestrativa, tattica ed in seguito per la stessa sensibilità dei nostri comandi, si ottenne una collaborazione efficace e continuativa.
Per i Gruppi di Combattimento tornarono a combattere molti volontari del CIL a cui si affiancarono le unità che già si erano onorevolmente battute in Corsica dall’8 settembre al 4 ottobre 1943 (Cremona e Friuli) e con molti volontari provenienti dalle formazioni partigiane nelle zone liberate che volevano continuare la lotta contro i nazifascisti sostenuti dall’azione dei Comitati di Liberazione locali, dalle forze democratiche e dall’opinione pubblica (vedi per esempio, Marche, Toscana, Umbria, ecc.).
Circa l’arruolamento dei volontari vi fu inizialmente da parte dei comandi alleati qualche resistenza nell’accettare il principio, ma poi furono larghi nel concedere i materiali necessari, tenendo conto che già dal 25 maggio 1944 una disposizione del Ministro della Guerra, Taddeo Orlando, del II° governo Badoglio, dopo la svolta politica di Salerno, precisava «non dovevano esserci prevenzioni verso i partiti politici »: un atto, appunto molto importante per favorire l’afflusso dei giovani volontari.
L’inserimento di queste forze fresche nelle unità regolari, sia attraverso la trafila della Scuola di Cesano, sia con l’arruolamento diretto praticato da alcuni comandanti, quali quelli della Cremona, contribuì a rafforzare i reparti con patrioti specialmente nella zona di Perugia, Gualdo Tadino, Firenze, Città di Castello, Spoleto, Terni, Foligno, Umbertide, Arezzo e poi della zona imolese.
Nel contempo bisogna sottolineare che le unità dei Gruppi di Combattimento prima di schierarsi sulle linee del fronte dovettero sostenere un intenso addestramento alle armi, conoscere i mezzi e le caratteristiche di impiego tattico e logistico proprie dell’esercito britannico in seno al quale erano destinati ad operare.
Concluso il ciclo operativo, il primo trasferimento al fronte il 12 e 13 gennaio 1945 fu del Gruppo di Combattimento Cremona con il XXI ed il XXII Reggimento Fanteria con la responsabilità del tratto di fronte compreso tra la ferrovia Ravenna-Alfonsine ed il Mare Adriatico, con il concorso della 28a Brigata Garibaldi Mario Gordini, allora dipendente dal l° Corpo d’Armata Canadese.
Il cambio al fronte fu fatto allo scopo di sostituire alcune unità canadesi della IX e XI Brigata . È interessante annotare che quasi subito il comando del Gruppo di Combattimento Cremona fondò il giornale settimanale «La Spiga» e già dal 5 febbraio richiese la collaborazione di tutti con una diffusione che passò le 2 mila copie.
Dal primo momento in cui i reparti del Gruppo Cremona erano entrati in linea, il nemico si era dimostrato molto attivo con pattugliamenti, con tentativi di colpi di mano infliggendo lievi perdite alle nostre truppe, ma con risposte molto decisive, testimoniando la capacità della stessa formazione italiana.
Il 23 gennaio 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale di Ravenna si presentò al comandante del Gruppo, gen. Clemente Primieri, assieme al Comando della 28a Brigata Garibaldi, per porgere il saluto e l’appoggio di tutta la cittadinanza, per dare assistenza ai soldati, per svolgere opera di propaganda a favore degli arruolamenti volontari .
Nel contempo, anche se secondo le direttive del I° Corpo d’Armata Canadese, la Brigata Garibaldi dipendeva direttamente da quel Comando, si convenne che tatticamente la formazione dipendeva dal Gruppo di Combattimento Cremona, pur riaffermando la piena autonomia sul piano organizzativo, disciplinare, del rifornimento e dell’addestramento, iniziando così un’effettiva collaborazione di fatto.
Di particolare importanza politico-militare-organizzativa per la formazione partigiana era quella appena possibile di procedere alla elezione dei comandanti e dei commissari sia della Brigata che delle Compagnie e delle Squadre.
Il rapporto appunto fra il Gruppo di Combattimento Cremona e le formazioni partigiane fu di piena collaborazione, tenendo anche conto che diversi reparti non avevano completato gli organici e che l’addestramento non era sempre soddisfacente.
Il Gruppo Cremona intanto aveva organizzato un centro di addestramento volontari a Porto Corsini. Le operazioni del Gruppo Cremona si svilupparono dal 26 gennaio in poi al di là del fiume Reno contrattaccando iniziative di gruppi tedeschi. È importante sottolineare la visita del comandante del V Corpo inglese, gen. Keightliy, al Comando Cremona, per cui fu rivisto lo schieramento del fronte e dal 19 febbraio da parte del 510 B.L.U. (ordine segreto 0039), la 28a Brigata passò alle dipendenze del Cremona con effetto immediato, e si acquistò così una maggiore omogeneità, con un unico comando operativo italiano per il fronte di circa 15 chilometri.
L’operazione RINO per la riconquista di Torre di Primaro alla foce del Reno per rafforzare lo schieramento di estrema destra lungo il corso del fiume, fu considerata un brillante successo locale con il compiacimento degli alleati.
Riprendendo poi le operazioni per il forzamento del Senio per puntare direttamente alla liberazione di Alfonsine (10 aprile 1943), forzando la Canalina per liberare Fusignano: quattro giornate di manovre di combattimenti che gli stessi alleati non mancarono di riconoscere. Nel contempo il Gruppo di Combattimento Cremona per ordine del Comando V Corpo d’Armata Britannico venne inviato in zona di riserva fra Mezzano e Ravenna.
È interessante annotare che in quel periodo di riposo molti volontari del 21° e 22° Reggimento, volevano restare in linea nonostante le perdite subite. Del resto in diverse occasioni alcuni Comandi dovettero intervenire per stabilire quali reparti dovevano partecipare alle varie operazioni, di fronte alle continue richieste di molti soldati di essere sempre a disposizione.
Vi era appunto uno spirito di partecipazione: un diritto-dovere di combattere contro il nemico: un volontariato che ricorda il Primo Risorgimento. Nel contempo il 13 marzo 1944 il V Corpo d’Armata Inglese ordinava che la 28a Brigata, diventata motorizzata con tutti gli automezzi militari, passasse alle dipendenze della 2a Brigata Commandos e quel cambiamento mise in difficoltà la formazione partigiana proprio per la stretta collaborazione, a tutti i livelli, con il Cremona . Basti annotare che durante la sosta del gruppo venne distaccata una batteria (la IVa) in favore della Brigata Garibaldi nella zona di Porto Garibaldi.
Il Gruppo di Combattimento Cremona del 21 aprile in più mentre riceveva l’ordine del V Corpo d’Armata assunse su tutto il fronte un ritmo operativo sempre più travolgente, per oltrepassare il Po e l’Adige liberando Adria, mentre la Mario Gordini occupava Loreo e Rosolina ed altri paesi impegnati nell’offensiva finale per arrivare unitariamente a Chioggia e nel Veneto e poi il Gruppo Cremona a Mestre e Venezia il 29 aprile 1945, mentre il 1 aprile la 28a ritornava alle dipendenze tattiche dello stesso Gruppo.
Riassumendo: il Gruppo di Combattimento Cremona entro in linea nella zona nord di Ravenna, rintuzzò inizialmente attacchi e colpi di mano del nemico, operando a sua volta fino al momento dell’offensiva generale superando tutte le resistenze del nemico e le difficoltà del terreno solcato da fiumi e canali con continue operazioni dal fiume Senio, al Santerno, al Po di Volano, al Po di Goro, al Po, all’Adige, al Bacchiglione, al Brenta nella sua corsa fino a Venezia.
In 4 mesi di lotta dal gennaio al maggio, il Gruppo di Combattimento riportò le seguenti perdite: 15 ufficiali, 198 sottufficiali e truppa deceduti, 29 ufficiali e 579 sottufficiali e truppa feriti, 72 dispersi.
I rapporti fra il Gruppo di Combattimento Cremona, la 28a Brigata Garibaldi, la popolazione della Romagna sono stati tali da costituire un patrimonio di solidarietà permanente fra le istituzioni militari e la società civile.
Arrigo Boldrini (1915-2008)