Internati Militari Italiani (IMI)

Il popolo italiano pagò a caro prezzo l’armistizio stipulato dal suo Governo il 3 settembre 1943 con gli Alleati. Un armistizio che segnò in primo luogo la fine della guerra voluta dal regime fascista, e liberò, nello stesso tempo, gli italiani da quella impopolare alleanza con il «Terzo Reich». L’armistizio, comunque, consentì all’Italia di unirsi il 13 ottobre alla coalizione antihitleriana in qualità di stato belligerante.

IMI in un campo tedesco

IMI in un campo tedesco

Subito dopo il ritiro dall’alleanza dell’ Asse, il territorio fu soggetto alla duplice occupazione tedesca e alleata, e le regioni occupate militarmente dalla Germania dovettero subire restrizioni di natura politica e gravosi oneri economici. La conseguenza peggiore fu senza dubbio la lotta fratricida che si scatenò durante la guerra di liberazione e procurò alla popolazione sofferenze inaudite.
La conseguenza fatale dell’uscita dalla guerra dell’Italia, che si tradusse, storicamente, nella prigionia di centinaia di migliaia di militari italiani nei Lager della Wehrmacht.
Prima di essere avviati ai campi di prigionia, essi vennero disarmati dai tedeschi. Furono coinvolti circa 1.007.000 dei complessivi 3.700.000 italiani appartenuti all’Esercito, alla Marina e all’ Aeronautica. Ciò che avvenne in quelle circostanze assunse dimensioni tali da non trovare analoghi precedenti nella storia. Le Forze Armate italiane non erano state sconfitte, né tantomeno si erano arrese ai tedeschi, quando venne annunciato l’armistizio.


Medaglia d’oro al valor militare all’ “Internato Ignoto”

«Militare fatto prigioniero o civile perseguitato per ragioni politiche o razziali, internato in campi di concentramento in condizioni di vita inumane, sottoposto a torture di ogni sorta, a lusinghe per convincerlo a collaborare con il nemico, non cedette mai, non ebbe incertezze, non scese a compromesso alcuno; per rimanere fedele all’onore di militare e di uomo, scelse eroicamente la terribile lenta agonia di fame, di stenti, di inenarrabili sofferenze fisiche e soprattutto morali. Mai vinto e sempre coraggiosamente determinato, non venne meno ai suoi doveri nella consapevolezza che solo così la sua Patria un giorno avrebbe riacquistato la propria dignità di nazione libera. A memoria di tutti gli internati il cui nome si è dissolto, ma il cui valore ancora oggi è esempio di redenzione per l’Italia.»
— 19 novembre 1997