15 febbraio 1944

Tragico bombardamento di Montecassino
Salmaggi e Pallavisini, martedì 15 febbraio 1944
Fronte italiano. 142 “Fortezze volanti” B-17 in una prima ondata e 87 B-25 in una seconda sganciano su Montecassino circa 400 t di bombe: l’abbazia, fondata verso il 529 da san Benedetto, uno dei tabernacoli della cultura occidentale e cristiana, è completamente distrutta.

Muoiono anche dei monaci
Salmaggi e Pallavisini, martedì 15 febbraio 1944
Restano uccisi anche alcuni monaci.

Le errate convinzioni che portano al bombardamento
Salmaggi e Pallavisini, martedì 15 febbraio 1944
La decisione di bombardare il monumento benedettino è stata presa in seguito alla richiesta del gen. Freyberg, comandante del corpo neozelandese, formulata il 12 febbraio: egli ritiene infatti che l’antica abbazia sia stata trasformata dai tedeschi in una specie di fortezza dalla quale il nemico dominerebbe tutti i movimenti delle forze alleate nel settore rendendo sterile qualsiasi attacco. Il convincimento di Freyberg trova un notevole puntello nella testimonianza del generale britannico Henry Maitland Wilson, il quale, sorvolando a bassa quota l’abbazia, sostiene di aver visto soldati tedeschi nei suoi cortili. La realtà è un’altra, ma purtroppo si verrà a conoscerla solamente alla fine del conflitto: non ci sono soldati tedeschi nell’abbazia. Il maresciallo Kesselring ha formalmente assicurato al Vaticano che l’abbazia non sarebbe stata occupata e che nessuno dei suoi soldati vi avrebbe messo piede: a tale fine è stata predisposta attorno all’edificio una specie di “zona franca” di 300 m di raggio vietandovi l’accesso a tutti i soldati. Per ogni eventualità, inoltre, i preziosissimi e antichissimi documenti conservati nell’abbazia sono stati trasferiti dagli stessi tedeschi nella Città del Vaticano.

Sconcerto tra gli alleati per la posizione presa da Freyberg
Salmaggi e Pallavisini, martedì 15 febbraio 1944
In campo alleato la richiesta di Freyberg suscita aspre polemiche.

Molti dissentono dalla decisione
Salmaggi e Pallavisini, martedì 15 febbraio 1944
Molti sono infatti decisamente contrari al bombardamento del monastero: il comandante dell’aviazione Ryder, ad esempio, contesta la testimonianza di Wilson mentre il gen. Keyes, che comanda il II corpo USA, che è stato impegnato appunto nel settore di Montecassino, assicura che nessuno dei suoi soldati ha mai visto sparare un solo colpo di fucile dall’abbazia. A questo punto della polemica il gen. Clark, comandante la 5ª armata USA da cui dipende il gen. Freyberg, e a cui spetta la decisione finale, passa la patata bollente al suo diretto superiore, il comandante del XV Gruppo d’armate, gen. Alexander. Questi, ritenendo fondata la testimonianza del gen. Wilson, ordina di procedere al bombardamento.

Dal bombardamento gli Alleati non ottengono vantaggi
Salmaggi e Pallavisini, martedì 15 febbraio 1944
Dell’abbazia non restano che rovine fumanti, ma gli Alleati non ne ottengono alcun vantaggio: il 3° reggimento paracadutisti del colonnello Heilmann, infatti (un’unità scelta della 1ª divisione paracadutisti del gen. Heidrich), occupa la posizione e vi piazza la propria artiglieria trasformando le rovine di Montecassino in una specie di fortezza. Da qui i reparti tedeschi possono ora, non visti, controllare ogni minimo movimento dell’avversario. Gli Alleati non hanno studiato comunque un coordinamento tra il bombardamento aereo di Montecassino e le successive operazioni terrestri: il gen. Tuker, ad esempio, comandante la 4ª divisione indiana, ignora l’ora precisa stabilita per l’incursione e di conseguenza l’intervento delle sue truppe, eseguito fuori tempo, si riduce a poca cosa (alcune bombe di aerei alleati hanno colpito anche le sue posizioni) e per di più è diretto non verso Montecassino ma verso Monte Calvario, distante circa 1 km.