MANCINI Giorgio

nasce a Gualdo Tadino (Perugia) l’8 aprile 1906 (Wikipedia). Capitano s.p.e. A.A. (servizio permanente effettivo Arma Aeronautica), pilota.

Allievo sergente pilota nel febbraio 1926, veniva nominato pilota d’idrovolante nell’ottobre, pilota militare nel dicembre e, promosso sergente con la stessa data, passava il 1° gennaio 1927 all’Aerocentro della 3^ Z.A.T. (Zona Aerea Territoriale). Prestava poi servizio presso l’80° gruppo autonomo idrocaccia ad Orbetello e dall’Agosto 1927 al 21° stormo idrovolanti a Napoli dove il 30 giugno 1929 era promosso sergente maggiore. Frequentato il 3° corso di perfezionamento piloti presso la Scuola di Capua e il 7° corso di integrazione a Caserta, fu promosso sottotenente in s.p.e. nel settembre 1933, destinato al 30° stormo da bombardamento. Abilitato alla navigazione strumentale ad Orbetello alla fine del 1934 e promosso tenente nel marzo 1935, veniva assegnato al 31° stormo da bombardamento dal 1° gennaio 1936. Capitano nel marzo 1938, fu nominato istruttore di educazione fisica, incarico che lasciava nel gennaio 1940 per rientrare al 91° gruppo autonomo B.M. (Bombardamento Marittimo). Alla dichiarazione di guerra dell’Italia, assumeva il comando della 171^ squadriglia. R.M.L. (Ricognizione Marittima Lontana) dell’Aviazione Jonio e Basso Adriatico.

Altre decorazioni: M.B. (Medaglia Bronzo) sul campo (Cielo dello Jonio, 9 luglio 1940).

Comandante di squadriglia, pilota di grande perizia e prode combattente, al ritorno da una missione bellica su trimotore da R.M. (Ricognizione Marittima), subiva gravi avarie ai motori che determinarono l’incendio del velivolo. Nonostante che nella cabina di pilotaggio l’aria fosse ormai irrespirabile, con eroica decisione vi permaneva per tentare l’ammaraggio che avrebbe salvato da sicura morte tutto l’equipaggio. Riusciva infatti, nonostante le avverse condizioni del mare e il divampare del fuoco che già in parte lo investiva, a portare l’apparecchio sull’acqua. Incurante di se stesso ordinava ai suoi compagni di buttarsi in mare mentre egli dirigeva il velivolo fuori della zona di ammaraggio per evitare che il prevedibile scoppio dei serbatoi del carburante e delle munizioni di bordo potesse arrecare danni all’equipaggio ormai salvo. Quando egli si buttava in mare la morte stava per coglierlo per le ustioni riportate e per l’avvelenamento determinato dai vapori di benzina. Quindi decedeva da prode in servizio della Patria. Nel rogo del velivolo scoppiavano intanto le cartucce delle mitragliere e i serbatoi di carburante. La generosità eroica – spinta fino al sacrificio – del comandante che aveva tutto previsto e a tutto provveduto, contribuiva ancora una volta a salvare e la vita dei gregari. Esempio del più puro eroismo, del più alto spirito di sacrificio e dell’umana nobiltà. – Cielo Jonio, 15 luglio 1940.  


Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941), [Tipografia Regionale], Roma, 1965, p. 416.