BANFI Alberto
nasce a Pinerolo (Torino) il 18 marzo 1903 (https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/storia/la-nostra-storia/medaglie/Pagine/AlbertoBanfi.aspx). Capitano di corvetta in s.p.e. M.M. (servizio permanente effettivo Marina Militare).
Orfano di ufficiale superiore degli alpini caduto alla testa del battaglione Val Varaita nella prima guerra mondiale, usciva dall’Accademia Navale di Livorno nel luglio 1923 col grado di guardiamarina. Sottotenente di vascello nel gennaio 1925, tenente di vascello nel marzo 1928 e capitano di corvetta nel dicembre 1936. Nel maggio di due anni dopo assumeva il comando della torpediniera Airone. Frequentato a Livorno l’I.G.M. (Istituto di Guerra Marittimo) dal 4 gennaio al 7 aprile 1939, veniva imbarcato, al suo rientro, sul Borea per passare nuovamente sull’Airone nel gennaio 1940 come comandante di squadriglia torpediniere. Gravemente ferito nel combattimento della notte sul 12 ottobre 1940, dopo lunga degenza in ospedali, riprese servizio al Ministero il 1° ott. 1941, quando aveva già ottenuto la promozione a capitano di fregata. Nel febbraio 1947 collocato a domanda in ausiliaria, si stabilì a Torino e nel marzo 1953 ottenne la promozione a capitano di vascello. Nominato Presidente onorario della Sezione di Pinerolo dell’Associazione Marinai d’Italia. Trasferitosi a Roma decedeva il 29 gennaio 1958.
Comandante di una squadriglia di torpediniere, nel corso di una ricerca notturna in prossimità di una base avversaria, riuscito a conseguire l’agognato contatto col nemico, con pronta, abile, audacissima manovra portò la squadriglia all’attacco spingendo con cosciente aggressività la propria torpediniera a ravvicinatissima distanza di un incrociatore inglese contro il quale, lanciati tutti i siluri, aprì il tiro dei suoi cannoni ed infine quello delle mitragliere. Inflisse così al nemico danni considerevoli mentre la sua silurante fatta segno alla preponderante reazione del fuoco avversario, veniva ripetutamente colpita. Gravemente ferito e visto vano ogni tentativo inteso a provvedere alla salvezza della torpediniera, dispose il salvataggio dei superstiti. Dopo aver con essi inneggiato al Re ed al Duce, non li seguì sulla silurante accorsa per raccoglierli, ma volle dividere con i moribondi e con i feriti più gravi l’estrema sorte della sua nave che si inabissava. Riportato alla superficie del mare dall’onda stessa che lo aveva sommerso, in uno sforzo sovrumano delle sue già provate energie, riusciva a riunire i superstiti rifugiatisi sulle zattere. Sopravvenute condizioni di tempo avverse, guidò i naufraghi ispirando in tutti, con la sua esemplare forza d’animo, calma e serenità. Ricuperato infine dopo 36 ore da unità nazionali, egli volle e seppe essere ancora di aiuto alla sua gente dando le direttive opportune perché tutti potessero essere salvati. Luminoso esempio di eroico ardimento, di elevatissime virtù militari e di ammirevole spirito di abnegazione. – Canale di Sicilia, 12 ottobre 1940.
Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941), [Tipografia Regionale], Roma, 1965, p. 435.