DE CRISTOFARO Pietro

nasce a Napoli il1 settembre 1900 (Wikipedia). Capitano di fregata s.p.e. M.M. (servizio permanente effettivo Marina Militare).

Uscito guardiamarina dall’Accademia Navale di Livorno nel settembre 1919 fu promosso sottotenente di vascello nel marzo 1921 e due anni dopo con la promozione a tenente di vascello, conseguì anche il brevetto di osservatore d’aeroplano. Nominato comandante del distaccamento C.R.E.M. (Corpi Reali Equipaggi Marittimi) di Roma dal dicembre 1928, ricoprì la carica di Ufficiale d’ordinanza del Principe di Piemonte dal 1929 al 1931. Promosso capitano di corvetta nel 1932 prese imbarco per circa un anno sul Barbarigo, passò poi all’Ufficio del Capo di S.M. (Stato Maggiore) presso il Ministero della Marina. Capitano di fregata nel dicembre 1936, dal giugno dell’anno successivo all’agosto 1938 prestò servizio a Tripoli presso il Comando Superiore delle FF.AA. (Forze Armate) dell’A.S. (Africa Settentrionale). Rientrato in Italia, dopo essere stato imbarcato sul Duca degli Abruzzi, passava nel settembre 1939 alla 5^ Squadra aerea e dal 1° novembre dello stesso anno assumeva il comando del C.T. (Cacciatorpediniere) Tarigo, col quale entrava in guerra nel giugno 1940.

Ufficiale superiore di altissimo valore, comandante di silurante in servizio di scorta a un importante convoglio in acque insidiate dal nemico, prendeva tutte le disposizioni atte a garantire la sicurezza del convoglio affidatogli. Assaliti la scorta ed il convoglio improvvisamente da soverchianti forze navali nemiche la notte sul 16 aprile 1941, con serena e consapevole audacia conduceva immediatamente all’attacco la nave al suo comando. Crivellata l’unità di colpi nemici, colpito egli stesso da una granata che gli asportava una gamba, rifiutava di essere trasportato in luogo più ridossato e solo concedeva che gli venisse legato il troncone dell’arto, non per vivere, ma per continuare a combattere. Così egli rimaneva fino all’ultimo, fermo al suo posto di dovere e di onore e nella notte buia, illuminata a tratti dalle vampe delle granate e dagli incendi, i suoi occhi che si spegnevano avevano ancora la visione di una unità nemica, che sprofondava nel mare, colpita dall’offesa della sua nave. E con questa egli volle inabissarsi, mentre i superstiti riuniti a poppa lanciavano il loro grido purissimo di fede. Esempio sublime di indomito spirito guerriero, di coraggio eroico, di virtù di capo, di dedizione alla Patria oltre ogni ostacolo e oltre la vita. – Mediterraneo Centrale, 16 aprile 1941.


Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941), [Tipografia Regionale], Roma, 1965, p. 656.