DE MARTINI Francesco

nasce  a Damasco (Siria) il 9 agosto 1903 (Wikipedia). Capitano s.p.e. (servizio permanente effettivo) fanteria, Ufficio Informazioni A.O. (Africa Orientale).

Chiamato alle armi ed assegnato al deposito carri armati a Roma nel novembre 1923, due anni dopo fu promosso sergente maggiore. Nell’aprile 1927 fu inviato in A.O. al seguito della missione del Duca degli Abruzzi in accompagnamento dì un carro armato Fiat 3000, donato dal Governo all’Imperatore d’Etiopia. Messo a disposizione del Governo etiopico fu il primo istruttore e poi il comandante di un reparto di carri armati e mitraglieri del Negus. Nel 1928 il suo energico intervento stroncava la congiura di palazzo capeggiata dal dejasmac Abau Kau, comandante delle guardie imperiali e salvava la vita al Principe ereditario Tafari, divenuto poi Negus. Nel 1932 lasciò l’incarico e prestò servizio alla Legazione italiana di Addis Abeba a disposizione dell’Addetto Militare. Destinato all’Ufficio politico del Comando Supremo in A.O. nel 1935, fu distaccato a quello della Dancalia Meridionale in Beilul (Assab). Durante il conflitto etiopico, nominato vicecomandante della banda di Beilul, procedeva alla occupazione dell’Aussa ed otteneva la sottomissione dello stesso Sultano. Successivamente chiamato al Comando Superiore A.O. in Addis Abeba, organizzava una banda irregolare composta di elementi dell’ex guardia imperiale etiopica di cui prese il comando e combatté il 28 luglio 1936 su M. Entotto, respingendo e volgendo in fuga i ribelli che avevano occupato buona parte della Capitale. Alcuni giorni dopo veniva rimpatriato. Rientrato in Italia, frequentò a Parma la Scuola di applicazione d’arma e nel novembre 1937 venne nominato sottotenente in s.p.e. con anzianità aprile 1936. Tenente dall’aprile 1939, prese parte all’occupazione dell’Albania dal maggio di quell’anno al febbraio 1940 col 31° reggimento carrista. Ripartì nello stesso mese per l’A.O., destinato al Comando Truppe Amara, ove assumeva nell’aprile 1940 il comando della banda Danghilà che per circa un anno condusse in numerosi combattimenti nel Goggiam Settentrionale. Trasferito all’Ufficio I del Governo Generale dell’A.O. nel marzo 1941, fu nominato capo-centro della Dancalia. Ferito e fatto prigioniero dagli inglesi a Gargori, Aussa, nel combattimento del 13 luglio 1941 fu ricoverato all’ospedale di Dessié. Riuscì ad evadere cinque giorni dopo e giunto ad Asmara ebbe l’ordine segreto di portarsi a Gedda nell’Arabia Saudita per ristabilire il collegamento radiotelegrafico con Roma e per informare sulla situazione militare dell’A.O. Fuggito audacemente da Massaua su una barca dopo aver incendiati i depositi di materiali bellici inglesi concentrati a Daga, assolse brillantemente la missione. Ricevuto l’ordine di rientrare i A.O., durante il viaggio di ritorno, su imbarcazione di fortuna, il 10 agosto 1942 veniva fermato da una nave da guerra inglese in acque del territorio Saudiano – neutrale e riconosciuto fu condotto prigioniero nel Sudan e poi in Egitto. Restituito in Patria nel gennaio 1946 e promosso capitano, con anzianità maggio 1940, fu trasferito alle Scuole Centrali Militari a Cesano per la scuola carrismo, quindi allo S.M. (Stato Maggiore) Esercito – Ufficio I. Promosso maggiore con anzianità dicembre 1943 e tenente colonnello dall’aprile 1952, prestò servizio all’82° reggimento fanteria dal gennaio 1955 al febbraio 1956. Promosso colonnello dal gennaio 1957, nell’agosto del 1959 fu collocato in ausiliaria. Dal 16 ottobre 1962 è stato promosso generale di Brigata. Muore a Grottaferrata il 26 novembre 1981 (Wikipedia).

Altre decorazioni: M.A. (Medaglia Argento) sul campo (Addis Abeba, luglio 1936); M.B. (Mefaglia Bronzo) (A.O. Goggiam, giugno 1940); cavaliere O.M.I. (Ordine Militare d’Italia) (A.O.I. (Africa Orientale Italiana), marzo 1941 – agosto 1942); sottotenente in s.p.e. per m.g. (meriti di guerra) (Sardò-Aussa, aprile 1936); capitano per m.g. (Goggiam Settentrionale, aprile – maggio 1940).

Già affermatosi in gesta magnifiche per essenza di valore e temerario ardimento. Braccato dal nemico occupante, venuto a conoscenza dell’esistenza di un deposito di materiali, del valore di miliardi, di grande interesse ai fini operativi dell’avversario, nonostante la stretta vigilanza riusciva ad incendiarlo, per sua iniziativa e da solo, con gravissimo rischio ed estrema abilità, determinandone la totale distruzione. Subito dopo prendeva il mare su mezzo di scarsa efficienza e, lottando contro l’infido equipaggio e la furia degli elementi, raggiungeva la costa araba, da dove riusciva a ristabilire contatti come da ordine ricevuto con la Patria lontana. Incaricato di nuova missione, benché fisicamente debilitato e privo di qualsiasi aiuto, animato da ferma volontà e fede inesausta, si avventurava ancora una volta in mare aperto su fragile imbarcazione di fortuna per rientrare in Eritrea. Catturato da unità navali nemiche, che lo ricercavano, destava l’ammirazione dello stesso avversario per il suo eccezionale coraggio e la generosa noncuranza del pericolo. Fulgido esempio, luminosa affermazione e simbolo della eroica resistenza italiana in terra d’Africa. – Massaua Daga, 1 – 7 agosto 1941, Mar Rosso 16 luglio agosto 1942.


Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume secondo (1942-1959), [Tipografia Regionale], Roma, 1965, p. 56.