PEPE Gabriele
nasce il 9 novembre 1896 a Civitacampomarano (Campobasso) (https://it.wikipedia.org/wiki/Gabriele_Pepe_(tenente_colonnello)). Tenente Colonnello s.p.e. (servizio permanente effettivo) fanteria, CXC battaglione coloniale.
Dal Collegio Militare di Napoli entrò alla Scuola Milotare di Modena all’età di 17 anni e nel gennaio 1916 ottenne la nomina a sottotenente. Destinato prima al 135° fanteria mobilitato, nell’ottobre successivo passò a domanda nei reparti d’assalto e col XXVII battaglione si distinse sul Montello durante la battaglia del Piave nel giugno 1918. Rientrato al deposito del 135° fanteria in Avellino e promosso capitano nel 1921, fu trasferito al 34° fanteria. Conseguì nello stesso anno la laurea in giurisprudenza. Dal 1922 al 1928 prestò servizio nei reparti automobilisti, quindi, trasferito nel R.C.T.C. (Regio Corpo Truppe Coloniali) dell’Eritrea, per cinque anni fu nel II battaglione indigeni, prima in Cirenaica e poi in Eritrea. Rimpatriato nel 1933, fu trasferito al 19° fanteria della Divisione Brescia e, col reparto, ritornò in A.O. (Africa Orientale) nell’ottobre 1935. Chiesto di essere assegnato a reparti di colore, gli affidarono il comando del XVIII battaglione indigeni col quale partecipò alla guerra etiopica ed alle successive operazioni di polizia contro le formazioni ribelli di Ras Immerù. In licenza coloniale alla dichiarazione di guerra e già promosso tenente colonnello, partiva in volo per l’Asmara il 12 luglio 1940 per assumere il comando del CXC battaglione coloniale di nuova formazione.
Altre decorazioni: M.A. (Medaglia Argento) (Montello, giugno 1918); M.A. (Boccan – Scioa, ottobre 1936); M.A. (Torrente Ghicciò, dicembre 1936); Cr. g. al V.M. (Croce di guerra al Valore militare) (Zona Manné, febbraio 1936); maggiore per meriti di guerra (Mai Ceu, 31 maggio 1936).
Già distintosi in ogni circostanza per indomito coraggio personale, trovandosi da poche settimane in licenza in Patria, dopo ininterrotti cinque anni di colonia, chiedeva allo scoppio dell’attuale guerra ed otteneva di ritornare in aereo nell’Impero, per riprendere il suo posto di combattimento. Con l’esempio e con le sue superbe qualità animatrici, imprimeva, in breve tempo, ad un battaglione di nuova formazione, il suo stesso ardire e la sua stessa passione. In aspro combattimento, attaccato da forze superiori, conduceva, dopo cinque ore di lotta, ancora una volta i suoi uomini al contrattacco ed in tale eroica azione veniva colpito al volto. Con i gesti e con la voce gorgogliante per il sangue irrompente, riusciva ancora una volta a spronare i suoi dipendenti ed a rompere il cerchio che li rinserrava. Dissanguato dalla ferita e non potendo parlare, scriveva le seguenti ultime parole di incitamento e d’italica fede: forza mio 190° vendicatemi, vinceremo intrepidi figli d’Italia, mio grande amore … . Concludeva così da eroe la sua nobile vita di soldato dedicata sempre al dovere, rendendo ancor più sacra col suo sangue la terra dell’Impero. Ghemira (A.O.I.) (Africa Orientale Italiana), 9 maggio 1941.
Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941), [Tipografia Regionale], Roma, 1965, p. 672.