SAVARE’ Manlio

nasce il 18 gennaio 1885 a Milano (https://it.wikipedia.org/wiki/Manlio_Savar%C3%A9). Capitano complemento fanteria, II Brigata coloniale.

Dopo avere prestato servizio di leva come volontario nel 77° reggimento fanteria dal 1903 al 1905, veniva richiamato per mobilitazione nell’ottobre 1915 e fino al maggio 1918 prese parte alla prima guerra mondiale rimanendo ferito nel 1917. Congedato nel luglio 1919 col grado di tenente, si dedicava nella vita civile all’arte decorativa a Milano. Promosso capitano nel marzo 1935, partiva poco dopo volontario per l’A.O. (Africa Orientale). Assegnato al IX battaglione eritreo prese parte alla campagna etiopica, prima e alle operazioni di grande polizia coloniale, poi. Collocato in congedo, rimase in colonia e alla vigilia della seconda guerra mondiale, il 24 maggio 1940 fu richiamato. Assegnato alla II Brigata coloniale, assumeva, per suo espresso desiderio, il comando della 2^ compagnia del IX battaglione coloniale nella quale aveva prestato servizio il figlio, sottotenente Giovacchino, caduto il 21 gennaio 1936 a Monte Lata. Gravemente ferito nel combattimento di Daharboruk (Somalia Britannica), decedeva il 24 agosto 1940 nell’Ospedale militare di Giggiga.

Altre decorazioni: Cr. g. V.M. (Croce di guerra al Valor Militare) (A.O. (Africa Orientale), 24 agosto 1936); Cr. g. V.M. (A.O., 10 ottobre 1936); Cr. g. V.M. (A.O., 19 dicembre 1936); Cr. g. V.M. sul campo (A.O., 30 marzo 1937).

Perduto un figlio, caduto valorosamente sul campo di battaglia durante la campagna etiopica, allo scoppio delle ostilità con l’Inghilterra, chiedeva ed otteneva di assumere il comando dello stesso reparto cui il figlio aveva appartenuto. Sorretto da ardente amor patrio e da giovanile entusiasmo, nonostante i 55 anni di età ed un fisico già duramente provato, in un cruento attacco contro le linee nemiche fortificate, era di esempio per slancio e sprezzo del pericolo. Ferito, non desisteva dallattacco e personalmente procedeva all’aggiustamento del tiro delle proprie armi per far tacere quelle nemiche. Ferito gravemente una seconda volta, allontanato di viva forza dalla prima linea e ricoverato in un ospedale da campo, accortosi della fine imminente per sopraggiunte complicazioni, con superba tempra di eroe e con sommo stoicismo, chiesti i conforti della religione, si accomiatava dai camerati che lo assistevano, dicendosi lieto del dovere compiuto e dell’offerta alla Patria, alle cui fortune andavano gli ultimi suoi voti. Daharboruk (A.O.), 12 agosto 1940.


Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941), [Tipografia Regionale], Roma, 1965, p. 427.