Golfetti, Giuseppe

N. a Sibano, fraz. Marzabotto, BO il 18 aprile 1926
M. a Roma il 15 novembre 2010

– Le testimonianze scritte dagli autori non vengono corrette.

Sono rimasto a Sibano fino all’età di 8 anni e poi mi sono trasferito a Bologna nel 1934 dove ho terminato la scuola elementare. Avendo una famiglia molto numerosa ho iniziato a fare dei piccoli lavori, fino a diventare aiuto commesso in un negozio di vernici e colori per pittori. Sono stato dipendente in questo negozio dal 1942 al 1 maggio del 1944, si chiamava ” Mesticheria Fossi”, era uno dei negozi più antichi e conosciuti di Bologna, situato in pieno centro (piazza Galvani alle spalle della chiesa di San Petronio). Vi dico questo perché, essendo Bologna uno dei nodi ferroviari più importanti d’Italia, abbiamo subito un’immensità di bombardamenti.

MUSOLESI-Lupo

Mario Musolesi (1914-1944)

La mia famiglia:
Nel ’44 la mia famiglia aveva già due fratelli prigionieri in Germania, Riccardo 1913 e Antonio 1915, che dalla Russia, dove avevano combattuto, sono stati mandati dai tedeschi nel campo di concentramento (dove rimarranno fino alla fine della guerra).
Avevamo anche un altro fratello, il più anziano di tutti, Pietro che non avendo preso la tessera del fascio non poteva lavorare liberamente. Lui per poter mantenere la famiglia è stato costretto a lavorare nelle paludi Pontine, dove prese la malaria.
Quando ritornò a casa mi ricordo di averlo visto un paio di volte aveva la febbre altissima, forse arrivava a 40 e ricordo che mia madre lo copriva con varie coperte per fagli passare i brividi di freddo. Come medicina allora c’era il chinino e con questo medicinale è riuscito a sopravvivere. Passata la malattia andò a lavorare nelle miniere della Rhur.
Conoscendo un po’ di tedesco è riuscito ad avere un permesso speciale per potersi muovere da Sibano ai paesi vicino Bologna e così è diventato una valida staffetta della Brigata Stella Rossa, molto amico del comandante Musolesi Mario detto “il Lupo”.
Vi racconto, purtroppo, come avvenne la sua fine: lui e suo cognato si stavano dirigendo da Malfolle verso Pioppe di Salvaro per andare (se ben mi hanno raccontato) a vendere pomodori, insalata, qualche ortaggio per guadagnare qualche lira.
Mentre scendevano venne preso dai tedeschi insieme ad altri cinque partigiani, (se mi hanno raccontato bene perchè io come vi ho detto non ero presente) li portarono in una frazione sopra Pioppe di Salvaro, che si chiamava il Fagiolo” IL FAZOL” e furono messi in una stalla dove tenevano le bestie. Li misero in fila e dopo una raffica di mitra alle gambe in seguito diedero fuoco al fienile, loro quindi sono morti per il fuoco.
Tutto ciò e stato fatto di fronte a degli abitanti della zona ed io in seguito ho avuto modo di parlare con due o tre persone che hanno assistito all’esecuzione. Questo per dirvi che dopo la fine della guerra mio fratello si sarebbe meritato un po’ di pace, ma purtroppo venne ucciso dai tedeschi e fece questa fine tremenda. Le persone che furono fucilate in quell’occasione mi sembra che furono 7 o 8 e questo fu un episodio che mi colpì molto.
Pensate che fatalità: noi scendevamo dal monte di Pioppe di Salvaro per occupare la zona in cui poi avvenne il rastrellamento, il territorio è costituito da una collina con piccoli agglomerati di case, mi misero di guardia sulla montagna sul versante della Porettana (la strada più importante) con il binocolo guardavo in quella direzione quando ad un certo punto vidi un fuoco enorme dietro la collina dove c’era il fazol e quella fu l’occasione in cui uccisero mio fratello, andai a dirlo ai miei capi, ma non avrei mai pensato che ci fosse mio fratello. Lo seppi solo qualche giorno dopo!
Antonio e Riccardo finita la guerra rientrarono in Italia dopo parecchi mesi, ma non mi ricordo bene quando perché io nel dopoguerra non mi sono più fermato a Bologna. Ritornai solo per qualche breve periodo, ma non riuscii più a mantenere un rapporto diretto né con loro né con le mie quattro sorelle anche se continuavamo a sentirei telefonicamente.

Chiamata alla leva
Foglio matricolareIl primo maggio del 1944 sono stato chiamato alle armi tramite un manifesto murale: “lavori agricoli leggeri” in Germania.
Ho deciso di unirmi ai partigiani e ho rifiutato la chiamata ai lavori agricoli leggeri, consapevole delle conseguenze della mia scelta visto che durante la guerra i disertori, se scoperti, venivano condannati con una fucilazione alla schiena.
Pensate che pericolo è stato per me fare questa scelta! La Brigata Stella Rossa era la formazione che operava sulle nostre colline da Marzabotto a Vergato circa 10 krn al lato della Porettana (dove passavano tutti i mezzi e truppe tedesche verso il sud, Firenze ed oltre ).
Con questa formazione abbiamo subito tre rastrellamenti ( rastrellamento vuoi dire che la Brigata doveva spostarsi in altre vallate): il primo sul monte di Vignola con poche perdite, però il gruppo si divise certi si unirono ai partigiani di monte Fiorino mentre io decisi di rimanere con la Brigata Stella Rossa.
Il secondo rastrellamento è stato sul monte Salvaro, una sparatoria di poco conto, mentre il terzo è stato l’eccidio di Marzabotto 28/29/30settembre 1944. Si parla di 1600 morti tra donne, anziani e bambini e 300 o 400 partigiani.

Episodi da partigiano
1. Attacco ad una caserma di camice nere nel paese di Vignola.
2. Sono stato preso da tedeschi.
Avevamo chiesto al nostro caposquadra il permesso di andare a trovare due nostre amiche di Sibano che si trovavano sfollate in un casale chiamato La Rocca.
Noi eravamo sulle colline alla destra dei pioppi di Salvaro, il nostro capo squadra di allora era un ex brigadiere della polizia, si chiamava Sergio e ci aveva dato il permesso di andare a trovare le nostre amiche, ma solo se disarmati. La mattina seguente siamo partiti molto presto, il casale distava circa 3 km. Camminavamo sulla collina, percorrendo diversi sentieri perché sulle strade c’era il pericolo di incontrare i tedeschi. Finita la visita, verso sera, ci siamo incamminati rifacendo lo stesso percorso (anche se eravamo disarmati indossavamo un giubbotto verde bottiglia tipo inglese e i pantaloni tipo paracadutisti). Arrivati al casolare “il Fagiolo” ci siamo trovati di fronte a dei tedeschi che stavano requisendo bestiame, non abbiamo avuto il tempo di scappare. Ci hanno puntato le armi contro ( fortuna che eravamo disarmati! ) e ci hanno dato una mucca, sia a me che al mio compagno letto, così ci siamo incamminati verso la Porettana, precisamente in un casale chiamato “I Boschi”.
Arrivati al casale, dove risiedeva il comando di questo gruppo di tedeschi della Wermark, ci hanno chiusi a chiave dentro uno stanzino ed in seguito ci hanno interrogati chiedendoci di confermare i nomi dei nostri comandati , che loro già sapevano, ma noi abbiamo sempre negato. Durante la notte ci siamo accorti di non essere soli, sentivamo dei mormorii provenienti dalle stanze vicine, erano tutti uomini oltre i 40 anni rastrellati che sarebbero stati portati sulla linea Gotica per lavorare.
Il mattino seguente abbiamo visto arrivare sei / sette tedeschi in bici, pensavamo che fosse il plotone per la nostra fucilazione, invece no, stavano radunando tutti gli uomini in fila per 2 io ed il mio amico stavamo alla fine della fila. Ci hanno dato una bicicletta da portare a mano e ci siamo incamminati sulla la Porettana, passando per Sibano, siamo arrivati davanti la chiesa di Marzabotto dove ci stavano altre persone anziane sempre per lavori. La nostra fortuna è stata quella che i tedeschi avevano messo tutte queste persone in coda al nostro gruppo, ci avevano tolto le biciclette ed eravamo rimasti in mezzo ai due gruppi, quindi andando verso Bologna, sempre sulla Porettana la strada che costeggia il fiume Reno, in un punto che noi conoscevamo bene ci siamo calati senza far rumore. Questa è stata la nostra salvezza, dopo la fine della guerra abbiamo saputo dove avevano raggruppato questi uomini per il lavoro: vi era un comando delle SS e nei campi vicini hanno trovato molte buche con corpi umani. Questa era la fina che avremmo fatto se fossimo arrivati nella frazione poco prima di Pontecchio Marconi.

La strage di Marzabotto
La strage di Marzabotto è stata eseguita esclusivamente dai militari tedeschi delle S.S. comandati dal criminale col. Reeder detto il Monco, lo stesso che aveva commesso la strage a Sant’ Anna.
Io mi trovavo con la mia compagnia, comandata da Marino, nella frazione di San Martino al centro della battaglia. Cerco di spiegare come è avvenuta: la nostra squadra era composta da una quarantina di persone, il giorno del rastrellamento eravamo di servizio a San Martino dalle 18.00 alle 6.00 del mattino. Quel giorno era ancora buio, stavamo tornando nella nostra abitazione che era da 800 a 1000 m di distanza, quando abbiamo iniziato a sentire le prime raffiche di mitra (erano circa le 6.30) a questo punto il nostro comandante mandò una persona per sapere cosa stava succedendo.
Dopo pochi minuti era tornata terrorizzata dicendo che erano i tedeschi, già alla nostra altitudine (ecco perché c’è stata questa strage, perché sono riusciti a salire nei punti meno sorvegliati, conosciuti solo dalle persone del posto).
A questo punto la nostra squadra è tornata a San Martino e lì abbiamo aspettato che i tedeschi salissero dal punto (zona) da noi sorvegliata. Da quello che io ho potuto capire si sono portati in quota prima dell’ alba ed una volta in quota hanno iniziato con i mortai per circa un’ ora e poi è stata la volta della truppa armata al massimo, compresi i lanciafiamme, bombe a mano, dinamite utilizzate per far crollare tutte le strutture dalle case alle due chiese, di San Martino e Casaglia, dove si erano rifugiati donne, anziani e bambini.
Va ricordato che alla nostra brigata, tre o quattro giorni prima dell’ eccidio, sono scappati due soldati delle truppe tedesche di origine austriaca. Il colonnello Reeder era di origine austriaca, ecco perché i tedeschi si erano portati in alta quota prima dell’ alba. Questo lo dico con certezza perché la squadra di cui facevo parte, comandata da Marino, aveva finito il servizio di pattugliamento che era dalle 18.00 alle 6.00 e noi, dalla parte nostra non si riscontrò nulla dell’ evento.
Vorrei ricordare un altro particolare da non dimenticare: perché vi sono stati tanti morti in spazi abbastanza limitati? La strage è avvenuta dal monte Sole al monte di Salvaro distanti uno dall’ altro circa 4 km. La larghezza prende dalla Porettana all’altro lato dove oggi sorge l’autostrada del Sole. La sovrappopolazione è avvenuta perché il nostro comandante, Musolesi Mario detto il Lupo, troppo buono e bravo, non è riuscito a non accettare nella nostra zona le popolazioni che i tedeschi sfollavano verso Bologna. Ecco il perché di tanti morti in una zona abbastanza limitata.

Dichiarazione - Dicembre 31 1947

31 dicembre 1947

Post Strage di Marzabotto
La strage di Marzabotto è avvenuta 28/29/30 settembre 1944.
Dopo quei terribili giorni (che mi sogno ancora oggi), la mia brigata si era sciolta, avevamo depositato le armi e ognuno era allo sbando.
Io e un mio compagno dopo una decina di giorni avevamo deciso da passare il fronte dalla parte tedesca, per arrivare nella parte americana. Una notte, dopo le poche informazioni che siamo riusciti ad avere a Sibano (mio paese di nascita, quindi conoscevo tutti gli abitanti e le zone) grazie a dei contatti a Pioppo di Salvaro, siamo riusciti a sapere che vi era un rifugio di una fabbrica dove si nascondevano le persone del posto.
Vi erano molte donne e bambini e facemmo una lunga discussione per convincerli ad attraversare il fronte. Io stavo davanti ad una cinquantina di metri ed eravamo un tutto una quindicina di persone, quando incominciò ad albeggiare eravamo molto preoccupati, ma vidi la prima pattuglia americana e quella è stata la nostra fortuna. Ci rifocillarono, erano giorni tristi, non si mangiava, loro ci diedero una colazione a base di omelette e pancetta fritta, mentre a cena pane e frittelle. A noi due (io ed il mio compagno) dopo un’ora di interrogatorio, per avere informazioni sui raggruppamenti e l’artiglieria tedeschi, ci hanno trattato molto bene dandoci un camion per il trasporto delle truppe, ci hanno portato a Firenze nel centro reclutamento partigiani.
Il mio compagno mi lasciò poiché aveva dei parenti verso Perugia, mentre io trascorsi un po’ di giorni nel centro dove ci dissero che per migliorare il vitto e i vestiti saremmo dovuti andare al fronte, dove ci avrebbero consegnato l’ abbigliamento completo di un militare inglese. Al centro reclutamento partigiani riordinavano i gruppi di partigiani da mandare al fronte, sulla linea Gotica, rimasi in questa caserma per circa una settimana, il tempo esatto non me lo ricordo, ma all’incirca doveva essere verso la fine di ottobre.
Mi inquadrarono nell’ Ottava armata Marradi/Palazzolo, dove rimasi fino alla vigilia di Natale del 1944, data che ricordo molto bene avendo dormito in una mangiatoia per delle bestie.
L’inverno del 44/45 è stato tremendo per il freddo e la neve alta circa 40 o 50 cm, in quel periodo andai dal dottore e gli dissi che non ce la facevo più, mi trovò un soffio al cuore e mi mandò a Firenze, precisamente all’ospedale militare Villa Natalia. Arrivato in ospedale, con una camionetta inglese, mi dissero che non c’era posto e mi mandarono ad Arezzo, però anche qui non c’era posto, così mi portarono all’ospedale Celio di Roma dove rimasi dal Natale del 44 fino a metà gennaio.
Ricordo un particolare di questo periodo, girava una chiacchiera, si vociferava che avevano ucciso il Gobbo del Quarticciolo, si diceva che lui fosse un ex partigiano che aveva fatto del bene per la gente povera però aveva fatto anche tante cose mal fatte e questo mi è dispiaciuto molto soprattutto perché aveva la qualifica da partigiano. Dopo una visita di un colonnello mi diedero quattro giorni di riposo dal corpo, poi avrei dovuto raggiungere nuovamente il mio reparto sulla Linea Gotica.
Nel ritorno da Roma, passando per la caserma centro reclutamento partigiani, chiesi di rimanere un paio di giorni a Firenze. Nel frattempo, nei due giorni concessi, venne un sergente americano facendo richiesta di tre autisti, chiesi di partecipare e fui scelto come autista (periodo 15 gennaio circa).
Questo episodio fu la svolta della mia vita, perché? Rimasi con questo comando dal gennaio 45 al dicembre 47 ( data che il comando rientrò in America), questa è stata, ancora oggi che ci penso, la mia più grande fortuna ed ora vi spiego perché: per prima cosa mi hanno dato tutto l’equipaggiamento di un militare americano, una cosa mai vista, l’abbondanza di vestiti, mi sentivo un principe. Per il mio primo incarico ho fatto la corriera per una decina di giorni a Firenze, il comando si trovava in una villa su una collina di Firenze, andavo dalla collina al centro di Firenze dove c’era la sede della Croce Rossa, il comando della V armata ed un albergo dove vi erano gli ufficiali, questo tre volte al giorno, il mezzo che utilizzavo per questi spostamenti era un gippone. Dopo un paio di settimane feci l’autista ad un colonnello che si era fratturato una gamba in un incidente e risiedeva in un ospedale americano sulle colline di Firenze. Quell’ uomo è stato, ed è ancora oggi, la persona più importante al quale porterò riconoscenza per sempre.
Il colonnello Angleton, essendo stato in Italia prima della guerra se ricordo bene dal 35 al 40, viveva a Milano ed era il proprietario della N.C.R. italiana, sempre in quel periodo era il presidente della camera dei commerci americana in Italia, ecco perchè conosceva tutti i grossi industriali italiani.
I suoi figli hanno studiato nei collegi in Svizzera, uno dei figli faceva parte dello stesso comando, il padre rientrò in America l’estate del 45 e a fine anno rientrò in Italia da borghese, impegnandosi nei suoi investimenti a Milano.
Rimasi con il figlio James Angleton, capo del mio dipartimento, fino a poco prima del Natale del 1947. Finita la guerra mi offrirono vari posti di lavoro: lavorare per l’ambasciata americana come autista o la possibilità di andare ad imparare una nuova professione a Milano ed io scelsi la seconda.
Il 7 gennaio del 1948 ho iniziato questo nuovo lavoro che mi impedì di tornare a Bologna infatti cambiai spesso residenza: prima a Roma dal 45 al 47, poi a Milano dal 47 al 49 e infine nel 50 ,dopo aver imparato questo mestiere, mi chiesero di andare a Torino come tecnico qualificato e vi rimasi per nove anni dal 50 al 59.
In seguito tornai a Roma nel 59, durante le Olimpiadi, e la ditta mi offrì la possibilità di aprire un’attività in proprio come dipendente della N.C.R. durata fino al 1980. lo avendo in quel periodo un figlio, Maurizio fresco di scuola perito elettronico, investii i miei risparmi e la liquidazione degli anni da dipendente e creai la Golfetti snc che con un po’ di orgoglio vive ancora grazie alla saggia amministrazione di Golfetti senior.