STARACE Giovanni

nasce nel 1920 a Lecce. Tenente complemento paracadutista, Divisione Folgore.

Dopo aver conseguita la maturità classica nell’Istituto Argento di Lecce nel 1938, venne ammesso nello stesso anno al corso allievi ufficiali di complemento presso il 52° reggimento fanteria a Spoleto. Nominato aspirante nell’aprile 1939 ed assegnato al 47° fanteria, fu promosso sottotenente in agosto e trasferito, nel settembre successivo, al 1400 fanteria Bari. Nell’ottobre 1940, a domanda, fu inviato alla Scuola paracadutisti di Tarquinia, dove il 4 dicembre 1940, ferito durante un addestramento, gli venne amputato il braccio sinistro. Collocato nell’agosto 1941 in congedo assoluto, riprese servizio a domanda. Nel settembre 1941 fu promosso tenente e nell’aprile 1942, in via eccezionale, ottenne di effettuare i lanci con paracadute. Al termine del corso fu destinato alla Divisione paracadutisti Folgore, mobilitata, con la quale partì in volo per l’A.S. (Africa Settentrionale) nel luglio 1942. Comandante dell’autogruppo divisionale, svolse anche nei momenti più critici della battaglia di El Alamein i suoi speciali incarichi, meritandosi l’appellativo di Enrico Toti dei paracadutisti. Ferito alla testa venne ricoverato nell’ospedale militare La Busetta di Tripoli il 17 novembre 1942 e rimpatriato con nave ospedale. Dal 20 giugno 1943 fu collocato in congedo assoluto. Nel luglio 1945 conseguì presso l’Università di Roma la laurea in giurisprudenza e, successivamente, fu assunto nell’Istituto della Previdenza Sociale. 

Allievo paracadutista, vibrante di entusiasmo e di fede, perduti il braccio e la spalla sinistra in esercitazione, conscio del pericolo cui si esponeva, insisteva fino ad ottenere di proseguire i lanci per essere pari agli altri nei pericoli, nei disagi, nella lotta. Inabile alle fatiche di guerra, ma animato dal più alto spirito guerriero, seguiva la sua divisione paracadutisti al fronte, dove prodigandosi con perizia, ardimento e profondo senso del dovere nei difficili e vitali compiti assegnatigli, costituiva con l’esempio fiamma vivente di patriottismo, di fede e di abnegazione. In un momento assai critico della battaglia, accerchiata la divisione da preponderanti forze nemiche, superava con sforzo sovrumano per più giorni e notti consecutive, ostacoli e stenti di ogni sorta per porre in salvo preziosi materiali affidatigli. Durante un più intenso bombardamento nemico, abbandonati a rischio della vita gli occasionali ripari si slanciava generosamente in soccorso di un grave ferito riuscendo con il braccio superstite a trarlo a salvamento. Colpito egli stesso alla testa cadeva privo di sensi. Soccorso e trasportato in un ospedaletto da campo, trovava ancora la forza di insistere con sublime ostinazione per tornare al proprio reparto. Africa Settentrionale, luglio novembre 1942.


Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume secondo (1942-1959), [Tipografia Regionale], Roma, 1965, p. 117.