BECHI Giulio

GIULIO BECHI054di Giovanni e di Giulia Cortini, nacque a Firenze il 20 agosto 1870 e morì il 30 agosto 1917 nell’ospedaletto da campo n. 158 a Gorizia in seguito a ferite riportate in combattimento.
Ammesso diciottenne alla Scuola Militare di Modena, ottenne le spalline di sottotenente nel 1890 nel 67° reggimento fanteria. Tenente nel 1894, due anni dopo partecipò alle operazioni militari in Eritrea col XXXVII battaglione fanteria d’Africa e rientrò al suo reggimento in Italia nel giugno 1896. Promosso capitano nel 1906, fu trasferito al 17° reggimento, ma poco dopo, a domanda, venne collocato in aspettativa. Riprese così la sua attività letteraria e di narratore acuto ed efficace, continuando la pubblicazione di una serie di volumi nei quali affrontò e discusse con coraggio e sincerità importanti problemi militari e sociali. Per la dichiarazione di guerra alla Turchia ottenne di essere richiamato in servizio e imbarcatosi a Napoli nel marzo 1912 col 30° reggimento sbarcò a Tobruk, prendendo parte al fatto d’arme di Uadi Alì del 12 maggio, per il quale fu decorato di medaglia di bronzo al v. m. Alla dichiarazione di guerra all’Austria, il 24 maggio 1915, col grado di capitano, di maggiore e poi di tenente colonnello dall’aprile 1916, prestò servizio all’Ufficio Stampa del Comando Supremo dell’Esercito. Nel marzo del 1917, investito delle funzioni del grado superiore, assunse il comando del 254° reggimento della brigata Porto Maurizio. Destinato prima sull’Altipiano di Asiago prese parte alla occupazione di Monte Rasta e ottenuta in giugno la promozione a colonnello, passò in agosto sull’Isonzo, alla vigilia dell’undicesima battaglia, schierando il reggimento sul tratto di fronte tra Corno della Selletta e Cuore Belpoggio, a destra di Gorizia. Ricevuto l’ordine di muovere all’attacco, con coraggio e sprezzo del pericolo si lanciò alla testa dei suoi fanti all’assalto della munitissima posizione di quota 174 est, a nord di San Marco. Ferito gravemente, pur tra gli spasimi più atroci non ristette dal chiedere notizie del combattimento e dei suoi uomini. Con d. l. del 13 ottobre 1918, gli fu conferita alla memoria la medaglia d’oro al v. m. con la seguente motivazione:

Comandante di reggimento, fu sempre fulgido esempio di entusiasmo, di valore, di sprezzo del pericolo, di calma e di fermezza; suscitatore delle più belle energie, animatore dei suoi uomini. Nel muovere all’attacco di una forte posizione, sotto l’intenso fuoco nemico di mitragliatrici e di artiglieria, primo innanzi a tutti si slanciava all’assalto, trascinando col suo ardire il reggimento. Caduti i suoi ufficiali, noncurante di sé, si esponeva dovunque la situazione appariva più grave, tutto provvedendo. Colpito mortalmente, barcollante, pur nello strazio delle gravi e molteplici ferite, incitava i soldati al combattimento. Visse ancora 36 ore, tenendo contegno sublime. Fu guerriero, artista, poeta e lasciò di sé grande rimpianto. San Marco di Gorizia, 28 agosto 1917.


G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare  1917,  (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968,    p. 124.