CALDERONI Antonio

CALDERONI ANTONIO088di Arcangelo e di Caterina Caroli, nacque a Lugo di Ravenna il 6 marzo 1888 e cadde in combattimento a Monte Lemerle il 10 giugno 1916.
Emigrato ancora fanciullo con la famiglia a Lugano, volle compiere in Patria il servizio militare di leva e, nel 1908, fu assegnato al 7° reggimento fanteria. Congedato nel 1911, ritornò a Lugano. Quando, nel maggio 1915, l’Italia dichiarò guerra all’Austria, non esitò a lasciare la famiglia e il lavoro per rispondere all’appello della Patria. Destinato al 44° reggimento fanteria della brigata Forlì  ed assegnato alla 12^ compagnia del III battaglione, combatté fin dai primi giorni sull’Isonzo, nella zona di Plava. Nei combattimenti dell’ottobre 1915, per l’ampliamento di quella testa di ponte, fu decorato di medaglia di bronzo al v. m.; a Zagara, poi, nell’aprile 1916, meritò un encomio solenne per aver con un ardito colpo di mano provocato la distruzione di un trinceramento nemico e dei suoi difensori. Durante l’offensiva austriaca del maggio, la brigata Forlì lasciò la zona di Gorizia e fu inviata sugli Altipiani per arginare i movimenti del nemico. Il 9 giugno, la 12^ compagnia del 44° ed una sezione mitragliatrici riuscirono ad occupare la cima del M. Lemerle ed a tenerla saldamente, dopo due giorni di lotta. All’alba del giorno successivo, nuovamente attaccati, rimasti senza collegamenti e accerchiati, si batterono disperatamente. Nella lotta il fante Calderoni fu magnifico esempio di impeto, di coraggio e di abnegazione: con le mani ustionate dal fucile arroventato, ferito più volte continuò imperterrito il fuoco, e, nella disperata difesa della posizione e del suo capitano contro il quale si erano scagliati all’arma bianca alcuni austriaci, cadde sul campo crivellato di colpi. Dice la motivazione della medaglia d’oro al v. m., conferitagli alla memoria, con r. d. 25 novembre 1919:

Con fervida ed incrollabile fede, durante un anno circa di campagna, prodigava tutte le proprie energie per prestare il massimo concorso nelle più difficili prove sostenute dal reggimento. In una circostanza di estrema gravità in cui la sua compagnia dové lungamente ed accanitamente lottare, accerchiata da soverchianti forze, già gravemente ustionato alle mani dal fucile arroventato pel prolungato tiro, continuava a far fuoco, raccomandava ai vicini di mirare giusto, ed alla intimazione di resa fieramente gridava: Mai, mai il 44°!. Ferito ad un polpaccio e visto un gruppo di nemici che si avventavano ad arma bianca contro il suo capitano, balzava in piedi, accorrendo in difesa del superiore. Stretto da ogni parte, ferito nuovamente nella furibonda lotta impegnata, cadeva ginocchioni, ma, fulgido esempio di straordinario valore, anche da questa posizione atterrava ancora un nemico e seguitava a combattere con indomabile violenza, finché, crivellato di colpi, lasciò eroicamente la vita sul campo. Monte Le mede (Asiago) , 10 giugno 1916.


G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare dal 1915 al 1916,  (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968, p. 204.