LIPELLA Giovanni

LIPELLA GIOVANNI028di Gualfardo e di Teresa Venturelli, nacque a Riva di Trento il 13 novembre 1899 e morì il 26 giugno 1918 nell’ospedaletto da campo n. 60 in seguito a ferite riportate in combattimento.
Figlio unico di famiglia benestante, fu educato dal padre, artista e proprietario di una ben avviata azienda di colori e vernici, all’amore per l’Italia. Studente a Verona, mantenne alto il sentimento patrio fra i suoi giovani compagni, coltivò l’idea della libertà e sentì profondo il rispetto per coloro che oltre il confine anelavano a conseguirla nel nome caro d’Italia. Ultimati gli studi secondari, venne assunto come impiegato dalla sede di Verona della Banca Commerciale Italiana; ma appena raggiunta l’età per il servizio militare si arruolò, nel giugno 1917, non ancora diciottenne, nel 72° reggimento fanteria e, completato il periodo di istruzione, passò al 164° reggimento. Inviato alla fine di dicembre dello stesso anno alla Scuola mitraglieri Fiat di Brescia per frequentare un corso per allievi ufficiali mitraglieri, venne nominato aspirante ufficiale nel marzo 1918 e destinato alla 994^ compagnia mitraglieri Fiat , assegnata al 139° reggimento fanteria della brigata Bari. Scatenatasi il 15 giugno l’offensiva austriaca sul Piave, il nemico riuscì a rompere il fronte in corrispondenza della selletta fra quota 1520 dell’Asolone e quota 1486 costituendo un cuneo in corrispondenza di M. Asolone; ma venne subito fermato dal valore dei fanti del 139° reggimento. L’aspirante Lipella, appena si iniziò il furioso bombardamento austriaco sulla linea, parve trasfigurato incitando ed incuorando i suoi mitraglieri. Pronunciatosi, poi, l’attacco nemico, il giovanissimo ufficiale, non esitò, nel momento critico della battaglia, a caricarsi sulle spalle una delle sue armi rimasta senza serventi e a trasportarla in posizione arretrata, riprendendo da solo il fuoco sull’avversario irrompente. Ferito. una prima ed una seconda volta, non abbandonò la lotta fino a quando una terza più grave ferita lo abbatté sulla mitragliatrice insanguinata. Raccolto dal nemico ed abbandonato in una caverna, fu rinvenuto il giorno dopo dagli stessi suoi mitraglieri, ritornati vittoriosi sulle posizioni dell’ Asolone.
Alla memoria del giovane ufficiale, con d. l. del 23 marzo 1919, venne concessa la medaglia d’oro al v. m. con la seguente motivazione:

Irredento e volontario di guerra, portò e comunicò fede ed entusiasmo nei suoi mitraglieri. Durante l’infuriare del bombardamento nemico, corse da un’arma all’altra, tutti incitando con la parola e con l’esempio alla resistenza ed alla fiducia nelle sorti del combattimento. Rimasta un’arma senza tiratori e serventi ed in una posizione ormai insostenibile, noncurante del violento fuoco avversario, se la caricò sulle spalle, e, postatala in altro luogo, riaperse da solo il fuoco sulle ondate nemiche. Ferito una prima ed una seconda volta, continuava a tirare, fino a che, colpito ripetutamente al petto, cadde offrendo in olocausto alla Patria la sua bella esistenza. M. Asolone, 15 giugno 1918.


G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare  1918,  (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968,    p. 74.