RACAGNI Paolo
di Camillo e di Luisa De Luca, nacque a Parma il 5 dicembre 1888 e morì il 26 maggio 1917 in seguito a ferite riportate in combattimento sul Vodice.
Di famiglia piemontese, compì tutti i suoi studi a Torino e, in quel Politecnico, conseguì la laurea in architettura. Giovane entusiasta, con l’animo teso agli alti ideali umanitari, ereditò dal padre, generale dell’esercito, il senso profondo del dovere e della disciplina. Chiamato alle armi per mobilitazione nel giugno 1915, chiese di essere assegnato negli alpini. Destinato al battaglione Pinerolo del 3° reggimento alpini, dopo aver frequentato un breve corso per allievi ufficiali di complemento, venne nominato sottotenente di M. T. nell’agosto e, compiuto il servizio di prima nomina presso il deposito reggimentale, raggiunse al fronte il battaglione Moncenisio nel maggio 1916, assegnato alla 186^ sezione mitragliatrici. Combatté valorosamente sul Pal Piccolo e promosso tenente in luglio assunse il comando della sezione. Nel maggio 1917 lasciò il fronte montano e fu inviato col battaglione sul medio Isonzo, nella zona di Gorizia, alle falde del Vodice. Il 19 maggio, nella seconda fase della decima battaglia, per il coraggio e lo sprezzo del pericolo dimostrati, legò il suo nome alla conquista della Selletta del Vodice per aver resistito oltre i limiti di umana possibilità ai violenti e reiterati attacchi nemici. Nel combattimento fu mirabile per prontezza nell’accorrere con le sue armi dove più tenace si manifestava la pressione avversaria e, incurante di sé, sebbene ferito tre volte, non si allontanò dalle sue mitragliatrici e seguitò a dirigerne il fuoco, dominando con eccezionale forza d’animo le sue sofferenze. Ferito una quarta volta e più gravemente alla gola, portato a viva forza al posto di medicazione dai suoi alpini, tornò, appena medicato, al combattimento, proprio nel momento critico della lotta, per un rinnovato contrattacco nemico. Sereno, calmo, manovrando personalmente una delle sue armi inflisse larghe perdite al nemico incalzante. Colpito per la quinta volta da una pallottola al torace e caduto riverso sull’arma, fu allontanato morente dal campo di battaglia. Alla memoria del valoroso ufficiale venne concessa, con d. l. del 15 giugno 1918, la medaglia d’oro al v. m. Dice la motivazione:
Fulgido esempio di fermezza, di coraggio e di ogni più eletta virtù militare, quale comandante di una sezione mitragliatrici, operando di propria iniziativa, seppe tener testa a forze nemiche di gran lunga superiori. Ferito ben tre volte in breve tempo, rimase al proprio posto, rinunziando a farsi medicare. Ferito una quarta volta alla gola e portato al posto di soccorso, non appena medicato tornò sulla linea del combattimento, ove, con mirabile eroismo manovrando egli stesso un’arma, inflisse ingenti perdite all’incalzante avversario. Mentre in tal guisa eroicamente combatteva, venne nuovamente e mortalmente colpito. Spirò serenamente poco dopo. – Selletta Vodice, 19 maggio 1917.
G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare 1917, (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968, p. 48.