RAGGI Decio

RAGGI DECIO010di Enrico e di Giovanna Lodolini, nacque a Savignano di Rigo, frazione di Sogliano al Rubicone (Forlì) il 29 settembre 1884 e morì il 24 luglio 1915 nell’ospedaletto da campo 024 in seguito a ferite riportate in combattimento.
Nato da famiglia agiata e di alti sentimenti patriottici, compì gli studi ginnasiali nel Collegio di Strada in Toscana e conseguì la licenza liceale nel Liceo di Pesaro. Chiamato alle armi si arruolò allievo ufficiale nel 35° reggimento fanteria  nell’aprile 1907 e, conseguito il grado di sottotenente di complemento, fu congedato nel settembre 1908. Laureatosi in diritto nell’Università di Bologna nel marzo 1914, un mese dopo fu richiamato per istruzione nel 70° reggimento fanteria per l’avvenuta promozione a tenente. Alla dichiarazione di guerra all’Austria, chiamato per mobilitazione e destinato all’11° reggimento fanteria della brigata Casale, partì per il fronte e, al comando della 9^ compagnia, raggiunto l’Isonzo, si schierò sulle alture dcl Podgora, formidabile baluardo della difesa di Gorizia. Fin dalle prime operazioni di avvicinamento e di ricognizione si segnalò nelle più audaci e rischiose imprese. Nella seconda battaglia dell’Isonzo, il 19 luglio, ricevuto l’ordine di muovere all’attacco contro i reticolati nemici del Podgora e, aperto un varco, incitando i suoi soldati a seguirlo al grido di Avanti Romagna! Avanti! occupò la contesa trincea, dando nobile esempio di coraggio animatore. Portatosi allo scoperto, nel decisivo contrassalto, venne mortalmente colpito al petto da una pallottola austriaca e, nonostante la gravità della ferita che gli aveva leso la colonna vertebrale, riuscì faticosamente a sottrarsi alla cattura. Raccolto e trasportato a Cormons, decedeva il 24 luglio, dopo cinque giorni di straziante agonia nella piena lucidità mentale sopportata con fiero stoicismo. O gioventù italiana, invidiate la mia sorte fortunata! Nel nome santo di Dio e nella speranza di una vita migliore per la grandezza, per l’unità, per l’onore della Patria, per la libertà e l’indipendenza dei fratelli oppressi, nel nome sacro d’Italia, nell’amore e per l’amore di tutto ciò che è italiano, io muoio beato. Così lasciò scritto nel suo testamento pochi giorni prima dell’eroica fine.
Alla memoria del valoroso ufficiale, con moto proprio sovrano del 27 settembre 1915, fu concessa la medaglia d’oro al v. m. con la seguente motivazione:

          Nobilissimo esempio di mirabile eroismo, sotto il grandinare dei proiettili, superate le fortissime insidiose difese avversarie, si slanciava, primo, sulla trincea nemica e, ritto su di essa, sfidando la morte pur di trascinare i suoi soldati all’audace conquista, li incitava e li incuorava invocando le tradizioni della forte Romagna e, colpito a morte, nel sacrificare la generosa vita alla Patria, li spronava ancora a compiere l’impresa valorosa, si chiamava beato della sua sorte ed inneggiava al glorioso avvenire dell’Italia. – Podgora, 19 luglio 1915.


G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare dal 1915 al 1916,  (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968, p. 46.