RANDACCIO Giovanni

GIOVANNI RANDACCIO026di Ignazio e di Giuseppina Malnate, nacque a Torino il 1° luglio 1883 e morì in un ospedaletto da campo il 28 maggio 1917 in seguito a ferite riportate in combattimento alle foci del Timavo.
Compiuti gli studi a Vercelli ed ammesso alla Scuola Militare di Modena, nel settembre 1905 uscì sottotenente assegnato al 64° reggimento fanteria. Tenente nel 1908, partecipò alla campagna libica e combatté dal dicembre 1912 al settembre 1913. Attratto dall’aviazione conseguì, tra i primi, il brevetto di pilota. Ma egli era nato fante e come fante doveva legare il suo nome alla storia. Alla dichiarazione di guerra all’Austria, nel maggio 1915, varcò il confine al comando di una compagnia del 63° fanteria e nei ripetuti attacchi contro le fortificate posizioni di Monte Sei Busi, nei primi giorni di luglio, guadagnò la prima medaglia d’argento al valore. Il 21 ottobre, combattendo sulle alture di Palazzo fu decorato della seconda medaglia d’argento. Ferito gravemente, dopo essere stato sottoposto a difficili operazioni chirurgiche, venne dichiarato inabile permanentemente alle fatiche di guerra. Tuttavia, tanto egli insistette che nel marzo 1916 ottenne di ritornare al fronte con i fanti del 77° reggimento della brigata Toscana. Prese parte, così, nell’ottobre successivo, alla conquista del Veliki Hribach, sulla cui cima il poeta e combattente Gabriele D’Annunzio, che lo seguiva, piantò un tricolore e che il Randaccio stesso alla testa della sua compagnia portò più avanti, sulle pendici del Dosso Faiti. Fu decorato, per questo, della terza medaglia d’argento al valore e promosso maggiore per merito di guerra. Costretto ad un nuovo ricovero in ospedale, appena guarito ritornò al fronte, sul Carso, per partecipare alla decima battaglia dell’Isonzo. Il 23 maggio 1917, ricevuto l’ordine di attaccare, alla testa del II battaglione, conquistò di slancio le trincee nemiche di quota 21 e cinque giorni dopo, il 28 maggio, passato il Timavo, attaccò e conquistò la quota 28. Colpito da una raffica di mitragliatrice, cadde gravemente ferito. Trasportato in ospedaletto da campo, decedette lo stesso giorno, assistito fraternamente da Gabriele D’Annunzio. Con moto proprio sovrano del 21 luglio 1917, gli venne concessa alla memoria la medaglia d’oro al v. m. con la seguente motivazione:

Manteneva sempre vivo nel suo battaglione quello spirito aggressivo col quale lo aveva guidato alla conquista di importanti posizioni nemiche. Attaccava quota 28, a sud del Timavo, con impareggiabile energia, e nonostante le gravi difficoltà, l’occupava. Subito dopo, colpito a morte da una raffica di mitraglia, non emise un solo gemito, serbando il viso fermo e l’occhio asciutto, finché fu portato alla sezione di sanità, dove soccombette, mantenendo, anche di fronte alla morte, quell’eroico contegno che tanto ascendente gli dava sulle dipendenti truppe quando le guidava all’attacco. – Fonti del Timavo, quota 28, 28 maggio 1917.


G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare  1917,  (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968,    p. 68.